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C’era una volta la riforma della Rai

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Tra appena sedici giorni, il 4 maggio, si terrà al settimo piano di viale Mazzini l’assemblea degli azionisti della Rai. I rappresentanti del ministero dell’economia e della Siae approveranno il bilancio del 2011, forse faranno mettere a verbale alcune osservazioni critiche ma, vista l’aria che tira, quando si passerà al secondo punto all’ordine del giorno – la nomina del nuovo consiglio di amministrazione – chiederanno con molta probabilità un rinvio.

L’ultima volta, grazie all’efficientissima legge Gasparri, l’assemblea fu tenuta aperta, o riconvocata perché deserta, per circa nove mesi, dal 24 giugno del 2008 al 25 marzo del 2009, per un totale di sedici fumate nere. Ieri, infine, con commovente tempismo, la camera ha deciso che il 3 maggio, a 24 ore cioè dalla scadenza formale del consiglio di amministrazione, le commissioni cultura e trasporti avvieranno finalmente l’esame dei disegni di legge di riforma della Rai presentati nel corso della legislatura e sinora tenuti in un cassetto. Immagino che gli sponsor, interni ed esterni, del partito della proroga degli attuali vertici si stiano già sfregando le mani e si preparino a brindare.

Quello che colpisce in questa vicenda è la totale mancanza di consapevolezza da parte di tutti i soggetti in campo (governo, parlamento, partiti, vertice aziendale) di una crisi che rischia di azzoppare definitivamente il cavallo di viale Mazzini. È stato sufficiente enfatizzare oltre misura i quattro milioni di utile per nascondere le difficoltà strutturali che possono essere superate soltanto da un vertice che ha davanti a sé un orizzonte di lunga durata, strategie condivise con l’azionista e una governance che gli consenta di assumere decisioni tempestive senza subire veti e trappole dai partiti.

La lettura minimamente attenta dei documenti di bilancio 2011 e del budget 2012 ci consegna una fotografia impietosa dello stato di salute della Rai. Tutti gli indicatori (Mol, Ebtida, valore aggiunto per addetto, costo del lavoro, indebitamento finanziario, ricavi pubblicitari, ricavi commerciali, evasione del canone ecc.) sono campanelli d’allarme che dovrebbero suggerire interventi immediati per segnare una chiara discontinuità di gestione e avviare una ristrutturazione industriale e una semplificazione organizzativa indispensabili ad avviare il risanamento. Governo e partiti sembrano invece aver scelto la strada del prender tempo confermando che il nostro è un paese dove si può decidere su tutto (pensioni, lavoro, tasse) ma non su Rai e televisioni perché evidentemente chi tocca le antenne muore. Vorrei ricordare che a dicembre i giornali titolarono «In Rai a rischio le tredicesime».

Non era un falso scoop e, infatti, per poterle pagare il tesoro dovette anticipare il trasferimento dell’ultima rata del canone. Nei giorni scorsi Paolo Conti sul Corriere della Sera ha rivelato un pauroso crollo dei ricavi pubblicitari nel primo trimestre dell’anno che costringerà la Sipra a rivedere le sue stime e viale Mazzini a decidere nuovi pesanti tagli sul prodotto anche se ormai il fondo del barile è stato raschiato. Una situazione prevedibile da tempo ma sulla quale in molti hanno voluto chiudere gli occhi e purtroppo non intendono aprirli. Nella relazione al bilancio, redatto e approvato si badi bene a fine marzo, a pagina 9 e a pagina 224 si legge: «Le prospettive per il 2012 sono di segno tendenzialmente positivo». Sembra quasi che in Rai non leggano i giornali e vivano nell’isola che non c’è, tanto da essere l’unica azienda editoriale in Europa che guarda al 2012 con ottimismo. Auguri!

PS. A Londra, intanto, si è dimesso il direttore generale della Bbc, Mark Thompson. Ha guidato il servizio pubblico di Sua Maestà per otto anni, mentre in Rai nello stesso periodo si sono succeduti cinque direttori generali. Ha traghettato la Bbc nel digitale terrestre e ha condotto in porto la più incisiva ristrutturazione industriale. Adesso che ha considerato chiuso un ciclo lascerà il testimone dopo le Olimpiadi di Londra. Il suo successore sarà selezionato in base ai curriculum e sull’Economist è stato pubblicato il seguente annuncio: «La società cerca un leader illuminato con una visione forte e chiara che potrà preparare la Bbc al mondo che verrà tra dieci e quindici anni. Il direttore generale dovrà far sì che la Bbc abbia sempre la fiducia della gente che nel Regno Unito paga per questo servizio». Il termine delle domande è il 7 maggio. Noi consoliamoci il 4 maggio con la Gasparri.


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