Di sicuro c’è solo che è morto. Anzi, no, non ancora

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Temevamo per Steven Sotloff. È accaduto. O così sta dicendo al mondo la stampa americana, che ha annunciato la decapitazione del reporter, ostaggio dell’Isis. Nel video dell’esecuzione di James Foley, l’aguzzino minacciava Obama di far fare la stessa fine proprio a Sotloff, inquadrato negli ultimi frame. La notizia non è confermata, ma sta già soppiantando i vecchi titoli dei quotidiani online, con la descrizione di quello che, presumibilmente, mostrano le immagini. Stesso set, stessa scena, stesso accento inglese. Solo che, questa volta, il video è stato introvabile per quasi un’ora. Poi, spunta. Non su Youtube. E, questa volta, non c’è il cadavere. La sfumata a nero segue la mano del boia che appoggia il coltello al collo del reporter. Poi, come uno schema che si ripete, un altro ostaggio, ancora vivo, sul quale ricade la stessa minaccia.

La fonte è il New York Times, che cita il Site Intelligence Group.

Quello che chiediamo, e lo chiediamo a Google, a Twitter, a chiunque abbia a cuore la libera informazione, è quanto segue. Il canale Youtube di SyrianFightWar (https://www.youtube.com/channel/UCznHwKiW8OIGRoSygVX1cBA) contiene video aberranti, pieni di violenze, uccisioni, spari, decapitazioni (vere, eseguite davanti all’inquadratura dei cellulari, il sangue si vede, eccome). Video da migliaia di visualizzazioni, con titolazioni piuttosto esemplificative e chiare del contenuto alquanto “violento” che c’è al loro interno.
Nei testi c’è scritto sempre “terroristi”, “decapitazioni”, “torture brutali”, a volte addirittura chi le ha compiute, come ad esempio i miliziani di Al-Nusra.

Come mai quel colosso della comunicazione che è Google, che ha dimostrato di poter rimuovere e censurare in pochi minuti un contenuto, nel quale non si vede alcuna violenza, non è solerte nel rimuovere anche questi? Come mai sono ancora lì, online, visibili, alla mercé di chiunque, bambini compresi?


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