Scarpinato: sostegno pubblico di oltre 400 magistrati. Appello al CSM per la libertà d’espressione

0 0

«Il discorso di Roberto Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso nelle istituzioni e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di merito per chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la credibilità del proprio passato. Come monito alle tante persone che si stanno formando una coscienza civile o a quelle che possono cedere alla tentazione della disillusione e come esortazione a tener sempre un comportamento esemplare ed onesto nell’interesse dello Stato democratico e costituzionale. Non si tratta di discutere solo della possibilità di un magistrato – dell’autorevolezza di Roberto Scarpinato – di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare alla collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed etico».

Si chiude in questo modo l’appello sottoscritto da oltre 400 magistrati italiani in poco più di una settimana e che in queste ore viene trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura, a sostegno del Procuratore generale della Repubblica di Caltanissetta Roberto Scarpinato, finito sul banco degli imputati per quanto pronunciato in occasione del ventennale della strage di via D’Amelio.

No al compromesso
Quelle dure parole, contenute in una lettera indirizzata idealmente a Paolo Borsellino, hanno innescato polemiche a non finire e soprattutto hanno causato l’apertura di una pratica davanti alla prima commissione del CSM, volta a verificare le condizioni per la permanenza di Scarpinato nel suo ufficio e anche la trasmissione della pratica alla Procura generale presso la Corte di Cassazione, chiamata a valutare l’avvio di possibili iniziative disciplinari. Comunque lo si voglia interpretare, un duro colpo alla libertà d’espressione del cittadino, prima che del magistrato Scarpinato.

Già lo scorso 26 luglio, l’Associazione Nazionale Magistrati era intervenuta per esprimere il proprio disappunto per quanto stava accadendo, ricordando che l’intervento di Scarpinato andava inteso semplicemente per quello che voleva essere: «Giusto richiamo, senza riferimenti specifici, nel ricordo delle idee e delle stesse parole di Paolo Borsellino, alla coerenza di comportamenti ed al rifiuto di ogni compromesso, soprattutto da parte di chi ricopre cariche istituzionali». L’iniziativa delle oltre 400 toghe italiane – in queste ore arrivano altre adesioni, mentre altrettante se non di più sono le firme di sostegno giunte da semplici cittadini, rappresentanti di associazioni, uomini e donne della politica e delle istituzioni tramite internet e social network – è una clamorosa presa di posizione, di fronte al tentativo, dimostratosi fin troppo goffo fin dall’avvio, di far passare in secondo piano quanto Scarpinato aveva detto in quella circostanza.

Nella lettera, scritta su richiesta dei familiari di Borsellino che analogamente avevano sollecitato altri colleghi del giudice scomparso a leggere il loro scritto dal palco di via D’Amelio, Scarpinato ammoniva dal presenziare alle cerimonie in ricordo delle vittime delle stragi quanti non avrebbero dovuto avere nemmeno l’ardore di intervenire, in ragione della loro compromissione con i poteri criminali: «Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese». Secondo i magistrati sostenitori del pensiero di Scarpinato, non può questa invettiva, per quanto aspra, nascondere il resto del contenuto della lettera ed essere presa ad alibi per un intervento che ha tutto il sapore di una punizione consumata a freddo. Piuttosto le parole di Scarpinato vanno intese, sempre secondo quanti hanno sottoscritto l’appello, come il servizio reso da chi, nelle sue vesti di pubblico ufficiale, intende contribuire al rafforzamento delle istituzioni, non venendo meno al suo impegno quotidiano per far sì che non vi siano compromissioni e deviazioni di alcun tipo nell’esercizio delle funzioni previsto dalla nostra Costituzione.

Falcone e Borsellino, “creatori di senso”
«È il dovere della verità e della conoscenza ciò che qualifica la statura etica della persona, qualunque sia la sede o il contesto in cui si concretizza la sua esistenza»: il richiamo all’eticità dell’intervento di Scarpinato serve a sgomberare il campo da ogni preconcetto, perché il dovere della verità e della memoria non è altro che quello che gli antichi greci chiamavano “parresia”, cioè il dovere di parlare chiaro, senza la remora di benefici e ritorsioni da parte di chi detiene il potere, perché si è animati solo dall’amore per la verità e null’altro si va cercando per sé. Ricordare quindi lo stretto condizionamento esercitato dalle mafie sulle istituzioni, all’origine delle tanti stragi impunite avvenute nel nostro Paese; fornire ai cittadini le chiavi di lettura di quanto è avvenuto e avviene nella lotta al crimine organizzato; richiamare l’insegnamento di uomini come Paolo Borsellino, nella scia di un impegno che non può essere delegato solo alla magistratura; esaltare il ruolo delle Istituzioni al servizio dei cittadini, nel solco di quanto tracciato dalla Costituzione: queste, secondo i sottoscrittori dell’appello, sono le uniche ragioni che hanno spinto Scarpinato ad ammonire pavidi e collusi e a richiamare tutti alla necessità di lavorare insieme per operare il cambiamento nel nostro Paese.

Per rendersi conto della validità di quanto asserito dalle oltre 400 toghe, basta leggere un altro dei passaggi dello scritto di Scarpinato quando si rivolge a Borsellino e Falcone: «Tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso. Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “Lo Stato siamo noi”. Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri».

Senso del dovere e “umanissimo amore”: da questa miscela esplosiva è nata, secondo Scarpinato e non solo, la straordinaria lezione impartita da Borsellino e Falcone e pagata con la loro stessa vita e il sacrificio di quanti sono caduti con loro. Senso del dovere e umanissimo amore sono alla base dell’intervento del Procuratore generale di Caltanissetta che non si è sottratto al suo compito e, rischiando, si è esposto in prima persona, tanto da provocare una pronta reazione, che ci auguriamo sia animata solo da un malinteso rispetto delle forme procedurali e non da altre inconfessabili ragioni. Quel che è chiaro è che, non da oggi, a fianco di Scarpinato è schierata una consistente rappresentanza della magistratura italiana, al di là delle divisioni di correnti, e anche della società civile più consapevole.

Una scorta silenziosa ma ben attenta a far sì che non si soffochi la libera voce di chi dimostra, con i fatti prima che con le parole, di avere mandato a memoria l’insegnamento di Borsellino e Falcone.

da Libera Informazione


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21