La promessa di un lavoro regolare, la via legale per costruirsi un futuro, si trasforma per molti migranti in una trappola. Dietro i decreti flussi, nati per regolare gli ingressi e rispondere ai fabbisogni del mercato, si nasconde oggi una macchina di sfruttamento che riproduce in forme nuove antiche disuguaglianze. È la denuncia che emerge dal Dossier Statistico Immigrazione 2025, realizzato dal centro studi Idos, che dedica un capitolo ai dati del Numero verde nazionale Antitratta (800 290 290). L’analisi di undici anni di segnalazioni – oltre 800 prese in carico l’anno – racconta di un rovesciamento: lo sfruttamento sessuale, un tempo predominante, arretra; quello lavorativo avanza e oggi rappresenta quasi quattro casi su dieci.
“In undici anni – si legge nel Dossier – le prese in carico per sfruttamento sessuale sono scese dal 50% al 24%, mentre quelle per sfruttamento lavorativo hanno raggiunto il 38,2%, con un raddoppio dei casi che coinvolgono uomini adulti.”
Il 2024, definito dalla Relazione del Numero verde “l’anno degli inganni”, segna la comparsa di un nuovo meccanismo di tratta: quello che passa per la burocrazia e i canali ufficiali. Nel secondo semestre dell’anno, un monitoraggio mirato ha fatto emergere un sistema di truffe legato proprio ai decreti flussi: intermediari che, dietro pagamento, promettono l’ingresso regolare in Italia, gestendo le pratiche fino al rilascio del visto, per poi sparire insieme ai datori di lavoro fittizi. Il risultato, spiega Idos, è che “139 lavoratori migranti provenienti da Tunisia, Marocco, India ed Egitto si sono ritrovati privi di un’occupazione regolare e in condizione di vulnerabilità”. Ma il numero, avvertono gli autori, è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che rischia di estendersi ben oltre le segnalazioni ufficiali.
Attivo dal 2000, il Numero verde Antitratta è uno strumento chiave di quella politica di tutela inaugurata nel 1998 con l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione: una norma pionieristica che riconosceva alle vittime di tratta un permesso di soggiorno indipendente dalla collaborazione giudiziaria. Un principio avanzato, oggi messo in crisi da una realtà che sfrutta proprio le vie legali per perpetuare la subordinazione.
È una tratta che non ha più bisogno di catene visibili – osserva Idos – si serve della burocrazia, dei decreti e delle promesse di legalità per rendere invisibili le nuove forme di schiavitù. Nei dati più recenti, la sproporzione è evidente: nell’ultimo semestre del 2024, l’80% delle prese in carico riguarda sfruttamento lavorativo, contro il 16% legato alla prostituzione. Le prese in carico di donne calano del 9,8%, quelle di minori crollano del 63,6%, mentre i casi che coinvolgono uomini adulti raddoppiano.
La politica alimenta la vulnerabilità: mentre il governo continua a presentare i decreti flussi come strumento di “ingresso regolare e sicuro”, la realtà restituisce un quadro opposto: un dispositivo che, in assenza di controlli efficaci e di percorsi di integrazione reale, finisce per alimentare lo stesso sfruttamento che dichiara di combattere. “Il lavoro regolare non può nascere dall’inganno”, ricorda Idos. “Quando le vie legali diventano ostacoli insormontabili, la vulnerabilità diventa il terreno fertile per le reti di tratta.”
Il Dossier Statistico Immigrazione 2025 sarà presentato il 4 novembre a Roma, con iniziative parallele in tutte le regioni. Ma il messaggio politico è già chiaro: la legalità formale, da sola, non basta. Servono diritti esigibili, controlli veri e un modello migratorio che metta al centro le persone, non la loro forza lavoro.
