Un romanzo profondo e toccante sull’amore, sul perdono e sul pregiudizio che, nell’Inghilterra degli anni ’80, ha portato alla separazione di centinaia di madri omosessuali dai propri figli.
Heron è un uomo mite e un marito affidabile; sua moglie Dawn ha 23 anni, due meno di lui. È il 1982 e la loro figlioletta Maggie sta per compiere 3 anni. Vivono una vita tranquilla, ordinaria. Un giorno Dawn, quasi per caso, conosce Hazel, al mercatino di beneficienza, una donna della sua stessa età, vivace e divertente, ma la loro amicizia d’un tratto prende una piega imprevista. “Era agosto quando Dawn si è accorta che non era né per il taglio di capelli né per le cose di cui parlava che Hazel le piaceva tanto. Era per il modo in cui l’atmosfera cambiava quando c’era lei”. Si era innamorata!
Dawn decide allora di parlarne ad Heron, nella certezza di poter trovare con lui un giusto compromesso nella gestione dell’amata figlioletta. Ma così non sarà, e, contrariamente ad ogni aspettativa, Heron chiederà alle Autorità preposte, ottenendola, la custodia esclusiva di Maggie, in quanto Dawn era stata considerata una donna depravata e pericolosa per la bambina a causa della sua omosessualità dichiarata.
Maggie, che al momento dell’affido esclusivo non aveva neppure 4 anni, crescerà così sola con il papà, nella convinzione che la mamma l’abbia abbandonata. Convinzione questa che l’accompagnerà anche nell’età adulta, anche quando diventerà, a sua volta, moglie e madre. Almeno sino a quando Heron, 40 anni dopo, nel 2022, di fronte ad una diagnosi di cancro, si troverà costretto a fare i conti con il proprio passato e con un segreto rimasto troppo a lungo celato.
“Una questione di famiglia”, romanzo di esordio di Claire Lynch edito da Fazi Editore (215pp, 18,50 Euro) per l’eccellente traduzione di Velia Februari, è un dramma familiare raccontato in modo asciutto, controllato eppure straordinariamente tagliente, con una prosa semplice e un continuo alternarsi di piani temporali, molto distanti e diversi tra loro.
Una distanza temporale, 40 anni, che ha rappresentato un cambio di passo “tra i più importanti nella storia del movimento dei diritti delle persone omosessuali”, si legge nella nota dell’autrice.
Lynch non si rifà difatti ad un singolo caso ma trae ispirazione dal trattamento che il sistema britannico riservò alle madri omosessuali nell’ultimo ventennio del secolo scorso. “Sebbene i personaggi di questo romanzo siano tutti frutto dell’immaginazione, le parole attribuite agli avvocati e al giudice sono state riprese da documenti ufficiali. Parole che vengono riportate nel racconto a testimonianza di quanto il nostro passato più recente sia, al contempo, lontano da noi ma neanche più di tanto”, ci ricorda l’Autrice.
Un passato discriminatorio e profondamente amaro in cui, nel Regno Unito – e forse non soltanto –, circa il 90% delle madri omosessuali coinvolte in casi di divorzio perdevano la custodia dei figli, in modo tanto prevedibile che alcune sceglievano addirittura di non rivolgersi al tribunale.
