Enzo Biagi racconta nel libro “La mia resistenza in 14 mesi” trascorsi sull’Appennino tosco-emiliano, nella brigata Giustizia e Libertà, che ha continuato a fare il giornalista anche da partigiano – era diventato professionista da due anni -. Infatti il suo nome di battaglia era il Giornalista. Così lo chiamò Pietro Pandiani, capitan Pietro, il comandante, quando Enzo si aggregò alla brigata: “Giornalista, ti stavamo aspettando”. Da quel momento non fu più Enzo ma “Giornalista”.
Fece un giornale clandestino che veniva stampato a Porretta terme, oltre il fronte: “Patrioti”, di quattro pagine. L’obiettivo era di fare controinformazione, i nazifascisti raccontavano alla popolazione, ai contadini, agli operai che i partigiani erano banditi, ribelli che rubavano affamando gli italiani, erano delinquenti che non andavano aiutati. Biagi con “Patrioti” volle informare che i partigiani erano dei patrioti, che lottavano per liberare l’Italia dall’usurpatore nazifascista. Il giornale serviva per raccontare le azioni della brigata e purtroppo anche i tanti giovani caduti in nome della libertà, ne uscirono tre numeri, poi la stamperia fu distrutta dai fascisti. Il primo numero uscì il 22 dicembre 1944, l’editoriale di Enzo Biagi si intitolava: “Perché l’Italia viva”.
“Ciò che hai fatto non sarà dimenticato, né i giorni, né gli uomini possono cancellare quando fu scritto col sangue. Hai lasciato la casa, tua madre, per correre alla montagna. Ti hanno chiamato “bandito”, “ribelle”; la morte e il pericolo accompagnavano i tuoi passi. Scarpe rotte, freddo, fame, e un nemico che non perdona. Sei un semplice, un figlio di questo popolo che ha sofferto e che soffre: contadino o studente, montanaro od operaio. Nessuno ti ha insegnato la strada: l’hai seguita da solo, perché il cuore ti diceva così. Molti compagni sono rimasti sui monti, non torneranno. Neppure una croce segna la terra dove riposano. La tua guerra è stata la più dura, tanti sacrifici resteranno ignorati. Contadino o studente, montanaro od operaio, ti sei battuto da soldato. E da soldati sono caduti coloro che non torneranno. Non cerchi, non avrai ricompense. Per te non ci sono medaglie o promozioni. Tornerai alla tua casa, al lavoro. Comincerà l’altra battaglia per ricostruire ciò che fu distrutto. I campi devastati aspettano le tue braccia forti, le macchine delle officine sconvolte dovranno tornare a pulsate. I libri coltiveranno il tuo spirito, ti insegneranno quanto è grande la civiltà che il tuo Paese ha proiettato sulle genti. Sei stato un buon soldato, sarai un buon lavoratore (…)
Voi che ciascuno sia libero nella sua fede, che un senso di umana solidarietà leghi tutti gli italiani tornati finalmente fratelli.
Voi che questo popolo di cui sei figlio viva la sua vita, scelga e costruisca il proprio destino. Sarai pago di vedere la Patria afflitta da tante sciagure risollevarsi.
Uno solo è il tuo intento: perché l’Italia viva”.
