“Sconosciuti puri”, il film necessario perché una persona che muore senza un nome è come una storia senza finale

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SCONOSCIUTI PURI è un film di Valentina Cicogna e Mattia Colombo, prodotto da Jump Cut, Amka Films Productions, Sisyfos Film Production e finalista Premio David di Donatello – Cecilia Mangini 2024 per il miglior documentario, nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento, categoria “Cinema del Reale”.
E’ una storia che esprime l’impegno di donne e uomini che non si rassegnano ad essere complici di un regime politico che si autodefinisce democratico ma che lascia morire in mare o sul proprio territorio migliaia di immigrati e italiani, comprese donne e bambini, ogni anno. Con la scusa dell’arresto dei trafficanti di esseri umani in tutto il globo terraqueo, infatti, il governo Meloni come i precedenti, firma il necrologio di donne, uomini e minori che fuggono dall’Eritrea, Afghanistan, Sudan, Pakistan, Egitto, Tunisia e molti altri paesi. sono persone che attraversano il Mediterraneo o che entrano in Italia mediante la rotta balcanica, sulla quale si scatena l’odio di movimenti neonazista e gruppi parlamilitari. Nel contempo ci sono donne, come racconta il film, che non si arrendono e che continuano a cercare, con la propria professionalità e etica, a dare dignità a chi è condanato a restare senza un nome e una storia.
Ogni notte, infatti, nella sala autopsie della dottoressa Cristina Cattaneo arrivano corpi senza nome. Sono spesso senzatetto, prostitute, adolescenti in fuga. Ultimamente sono soprattutto migranti. Di fronte a questa moltitudine crescente, nessuno sembra preoccuparsi del loro diritto alla dignità. Nessuno tranne Cristina.
Una persona che muore senza un nome è come una storia senza finale. La ricerca, la riflessione, il lavoro dietro questa storia è al centro di “Sconosciuti Puri”, ma a cercare un altro finale è la dottoressa Cattaneo, medico legale e docente all’Università Statale di Milano, e la sua squadra del LABANOF, che ha analizzato centinaia di cadaveri, per cercare e restituire loro il diritto all’identità e alla dignità. Sono centinaia i cadaveri senza nome che Cristina ha analizzato dall’inizio degli anni 2000, da quando è alla guida del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano, il LABANOF. Il bisogno etico di fare giustizia porta Cristina a occuparsi proprio di coloro che, nella morte ancor più che nella vita, vengono dimenticati, gli Sconosciuti Puri. Si tratta di cadaveri o scheletri che vengono ritrovati senza documenti che ne attestino l’identità: persone spesso ai margini della società.
Una giovane donna scappata di casa e uccisa. Un senzatetto morto di freddo. O le innumerevoli vittime dei naufragi nel Mediterraneo. Muoiono lontano da casa, quasi sempre in solitudine, invisibili, anonimi. Cristina e il suo team intercettano questi corpi, riportando alla luce la vita che c’era una volta, restituendo loro una dignità, un peso, un’esistenza, l’unicità. Ma ripristinare l’identità di una persona sconosciuta non è facile: a volte non c’è una denuncia, o avviene in un Paese lontano, gli unici parenti non possono muoversi facilmente, quando il corpo è irriconoscibile e l’unica conferma arriva dal DNA. Secondo Cristina, il nome è un diritto che non deve essere negato a nessuno. E ha un obiettivo, vuole portare l’attenzione dell’Unione Europea sulla negazione del diritto al nome. Vuole che l’Europa riconosca ufficialmente questo diritto, che sia assicurato a tutti. Anche ai migranti morti. Perché ciò avvenga, è necessario creare una banca dati europea in cui i dati degli Sconosciuti Puri possano essere incrociati con quelli degli scomparsi raccolti in qualsiasi Paese venga presentata una denuncia di scomparsa.
Cristina porta avanti la sua battaglia mentre i governi litigano ferocemente sul destino dei migranti vivi, anche durante la pandemia di Covid-19. Sembra una battaglia contro i mulini a vento. Eppure, Cristina non si arrende e non abbandona nessuno degli Sconosciuti Puri. Perché ha imparato che restituire un cadavere a chi lo ha amato significa prendersi cura dei vivi, di chi resta. Salvando entrambi dalla tortura del non sapere, salvando l’Europa dalla sua indifferenza.
«Sconosciuti Puri è un documentario d’osservazione – dichiarano i registi Valentina Cicogna e Mattia Colombo – che cerca di affrontare il tema dell’identità da un punto di vista insolito e, attraverso l’indagine, di rispondere alla domanda su cosa ci rende noi stessi, cosa ci rende riconoscibili, in ogni sfumatura del termine. In sostanza, cerca di toccare alcuni temi che fanno parte della nostra vita quotidiana, come le stragi nel Mar Mediterraneo e le piccole/grandi storie di invisibili che leggiamo sui giornali. Ma raccontiamo anche la storia di una donna, che accompagniamo passo dopo passo, e quella dei suoi colleghi, al suo fianco da anni, più di semplici collaboratori. Come in ogni film, i protagonisti devono misurarsi con degli antagonisti, dei “nemici” che, a differenza degli aiutanti, non hanno volto e spesso si nascondono dietro i rifiuti, dietro le porte che si chiudono o non si aprono affatto. Sono l’indifferenza e la lentezza della burocrazia. L’apatia delle istituzioni. L’ignoranza di chi non capisce l’importanza di occuparsi dei morti per prendersi cura dei vivi». Il film documentario, prodotto da Jump Cut, Amka Films Productions e Sisyfos Film Production, è stato proiettato in prima mondiale al Vision du Réel 2023 e in prima italiana al Biografilm Festival 2023: ora arriva al cinema, in sala dal 14 marzo, con la distribuzione di OpenDDB.
Non resta che vederlo, promuoverlo e mobiliteraci perché questo impegni non resti privo di un sostegno sociale e politico fondamentale a partire da una gestione diversa dei flussi migratori, finalmente non più nazionalista, razzista e xenofoba che produce morte e assuefazione.
Sul sito tutte le info: https://sconosciutipuri.it/

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