E se fosse un pretesto per mettere la museruola ai giornalisti? Il risvolto del caso Perugia e la nota di Piccolotti

0 0

“Da due giorni c’è grande dibattito sul caso dello ‘spione’ e tutta la politica esige chiarezza e trasparenza. Giustamente, aggiungo, perché se sono stati commessi reati da parte di appartenenti delle forze dell’ordine la giustizia deve fare il suo corso.
Non è giusto invece utilizzare il caso per creare polveroni mediatici con un solo obiettivo: colpire il giornalismo d’inchiesta, mettere la museruola ai giornali e ai tg”. Lo scrive su Facebook Elisabetta Piccolotti dell’Alleanza Verdi Sinistra.

“Non è la prima volta infatti che in Italia – prosegue la parlamentare rossoverde – esponenti delle forze dell’ordine accedono abusivamente a dati fiscali di politici e vip. Ieri sera durante la trasmissione DiMartedì Alessandro Di Battista ha ricordato un’inchiesta da cui emerse che nel 2010 un finanziere in servizio al Comando provinciale di Pavia, fece accessi abusivi per controllare i dati di Nichi Vendola, Luca Casarini, Beppe Grillo, Marco Travaglio, Antonio Di Pietro e molti altri. In più casi furono setacciate a grappolo intere famiglie, a partire da quella Agnelli-Elkann. – aggiunge Piccolotti – L’inchiesta sveló che i dati venivano poi passati a Giacomo Amadori, giornalista di Panorama, che li utilizzò per una dozzina di suoi articoli e ammise l’accaduto patteggiando la pena. All’epoca il direttore di Panorama era Giorgio Mulè, oggi esponente di Forza Italia. Allora difese il suo giornalista affermando che ‘fece solo il suo lavoro’ che nulla aveva a che fare con dossieraggi o killeraggi perché ‘le informazioni furono utilizzate con l’unico fine di scrivere gli articoli’.
Oggi invece Forza Italia e tutta la maggioranza gridano al complotto o addirittura alludono – come ha fatto l’on. Bergamini – al colpo di stato (non si parli di dossieraggio a sproposito, quello di Pio Pompa e del Sismi fu ad esempio un vero dossieraggio), o ancora ipotizzano l’esistenza di un mandante (come ieri l’On. Dalla Chiesa sempre di FI) e paiono cercare per questa via di screditare la procura antimafia per limitarne i poteri di indagine. Tutto questo – insiste la deputata della commissione parlamentare antimafia – non è accettabile. L’unica differenza, se si esclude l’orientamento politico delle vittime, tra il caso del 2010 e quello attuale è che allora gli accessi abusivi furono oltre 1200 e oggi circa 800. Perché allora così tanta differenza nella reazione della destra? Perché oggi si tirano in ballo i regimi sovietici e allora invece si difendevano i giornalisti coinvolti? Aspettiamo di apprendere dal Procuratore Antimafia Melillo e dal procuratore di Perugia Cantone informazioni fondate e circostanziate, nel frattempo invitiamo tutti a moderare i toni.
Se un servitore dello Stato ha abusato del suo potere pagherà le conseguenze, ma non permetteremo che si usi questo caso – conclude Piccolotti – per comprimere la libertà di informazione violando il principio della protezione delle fonti, o per indebolire la procura antimafia togliendole strumenti di indagine o più beceramente per fare la campagna elettorale in Abruzzo”.

 


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21