Il centrosinistra sa solo dividersi 

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Il primo importante test politico del 2024 si svolgerà in Sardegna. Per il 25 febbraio sono state fissate le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale e l’elezione del presidente della Giunta.

L’appuntamento elettorale, il cui esito verrà utilizzato anche dai partiti e dalle coalizioni come strumento di lavoro in ambito nazionale, giunge al termine di cinque anni di governo di una giunta nata dal matrimonio contro natura (politica) tra Partito Sardo d’Azione e Lega, sposalizio al quale hanno dato immediatamente la loro benedizione interessata Fratelli d’Italia, Forza Italia ed altri partitini di centro.

Le elezioni si tengono all’indomani della conclusione dell’anno più disastroso della giunta di centro-destra, durante il quale è esplosa la protesta più clamorosa, quella per come è stata ridotta la sanità pubblica, con la chiusura di presìdi, mancanza di personale, liste d’attesa interminabili: due anni per una colonscopia. Facile immaginare chi se ne avvantaggia.

A seguire la disastrosa situazione dei trasporti interni – la rete ferroviaria copre un quarto del territorio, le strade a volte impercorribili – e dei collegamenti con il continente, con costi insopportabili sia per i residenti, sia, ancor di più, per chi non vive stabilmente in Sardegna. Bene, di fronte a questa situazione si è scoperto, dai contenuti nella finanziaria nazionale, che mentre sono stati stanziati 14 miliardi di euro per il Ponte di Messina, alla mobilità interna sarda è stata destinata solo la cifra ridicola di cinque milioni.

E come dimenticare il flagello biblico dell’invasione di cavallette che, in estate,  ha devastato le campagne del centro Sardegna o la decisione del governo Meloni che – ignorando completamente la volontà dei sardi espressa in un referendum del 2011 con un ‘no al 97 per cento – ha comunque inserito otto località sarde tra le 51 individuate in tutta Italia come idonee ad ospitare il deposito di scorie nucleari.

Merito del ‘governo amico’ anche la disastrosa situazione della mancanza di lavoro e della deindustrializzazione, o l’assalto non contrastato di aziende energetiche che progettano l’installazione incontrollata di pale eoliche in luoghi di notevole bellezza naturalistica. Da ultimo, ma forse non ultima, la decisione di cancellare ben 42 autonomie scolastiche con un conseguente, feroce attacco al diritto allo studio

E sul piano politico? Come si fa a non giudicare un clamoroso tradimento politico la scelta del sardista Solinas, presidente della Regione, di non contrastare con tutte le forze il disegno di legge di Autonomia Differenziata del leghista Calderoli? Questo sarebbe il degno erede degli storici fondatori del Partito Sardo d’Azione Emilio Lussu e Camillo Bellieni o dello storico e mai dimenticato dirigente e presidente di regione Mario Melis?

Sulla conferma di Solinas è in atto un balletto a volte ridicolo. Il suo principale sponsor è Matteo Salvini; i suoi decisi oppositori sono gli esponenti regionali (e forse nazionali) di Fratelli d’Italia che preferirebbero un loro fedelissimo, l’attuale sindaco di Cagliari, Truzzu. Salvini un giorno insiste su Solinas, il giorno dopo afferma che comunque bisogna tenere conto della necessità di tenere unita la coalizione. La decisione? A gennaio.

Con questo quadro desolante sarebbe semplice ipotizzare una vincita a mani basse del centro sinistra. Invece, per non tradire mai la vocazione a perdere, anche questa volta che si era formata una coalizione denominata ‘campo largo’, ecco che salta fuori il grillo parlante che non ti aspetti, quel Renato Soru, ex presidente della regione che, condannando quello ch’egli ha definito l’accordo tra Conte e Schlein, si tira fuori e si propone egli stesso come candidato con una propria aggregazione di piccole forze politiche. Scelta appoggiata da Renzi e Calenda, divisivi per definizione, ma criticatissima da molti altri, compresa la figlia Camilla, consigliera comunale di Cagliari per il Pd, soprattutto per la palese divisione che rischia di far restare a casa quegli elettori disgustati che già più volte hanno dato un segnale con massicce astensioni.

Possibile che il narcisismo di chi continua a ritenersi una sorta di piccolo padre della patria possa condizionare tanto pesantemente il voto del 25 febbraio? E possibile che Pd e Cinque Stelle non riescano a trovare il modo per superare questa gravissima situazione?

E possibile che, soprattutto, non ci si renda conto che i disastri che sta vivendo la Sardegna per colpa di governanti incompetenti e irresponsabili rischiano di perpetuarsi nei prossimi anni se ancora una volta vincerà l’alleanza Lega-Psd’az-Fratelli d’Italia-Forza Italia?

Un’ultima considerazione. Il voto in Sardegna potrebbe rappresentare il primo segnale da inviare alla maggioranza che governa il Paese, maggioranza e governo che sembrano navigare vele al vento, senza contrasti. Neanche questa possibilità convincerà i sinistri duellanti a deporre le armi e a marciare uniti verso il voto del 25 febbraio?


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