In ricordo di Enzo Biagi, maestro di giornalismo

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Chissà se anche oggi a Pianaccio c’è il cielo blu e il sole illumina i boschi dorati come quel giorno di novembre di sedici anni fa, caro nonno.

Dicevi sempre a noi nipoti che volevi riempirci di ricordi. Per quanto mi riguarda sei riuscito perfettamente nel tuo intento. Sembra ieri che te ne sei andato, ma non passa giorno che io non pensi ai tuoi insegnamenti, alle tue parole, agli anni belli che abbiamo vissuto insieme.

E mi sembra di risentirti quando insisto con mio figlio grande perché non sbagli a scrivere “equo, iniquo e innocuo” o quando predico che ogni cosa che fa la deve fare bene, al meglio delle sue possibilità. E ancora penso a te quando prometto al mio bambino piccolo che lo porteremo a vedere il circo e quando mi raccomando perché leggano. “Qualsiasi cosa” come dicevi tu “purché leggiate”. E mi torni in mente di nuovo, se mentre preparo la cena c’è un gioco di parole in televisione: le indovinavi tutte. Quanti ricordi, che ora mi scaldano il cuore. Meno male che ci sono, tanti e belli. Potrei scrivere per ore, di quando mi accompagnavi all’asilo se eri a Milano; dei pranzi della domenica in via Vigoni alle dodici e mezza- quelli “con l’imbuto” diceva la mia mamma- perché poi tu correvi in Rai a vedere la partita ma intanto avevi fatto in tempo ad informarti su come era andata la scuola in settimana; dei viaggi con te in giro per il mondo, non conoscevi stanchezza; delle vacanze a Pianaccio quando facevi a gara con il tuo amico Pietro Garinei a chi ricordava più canzoni; dei regali incredibili che portavi ad ogni ritorno; delle storie che inventavi per noi bambini, quando il lupo non mangiava Cappuccetto Rosso ma era la nonna che mangiava il lupo.

Spesso mi chiedono come è stato averti come nonno.

Normale e straordinario. Mi hai insegnato ad essere libera e a pensare con la mia testa, a fare la mia parte, ogni giorno. Io ogni giorno ci provo.

Grazie, nonno.


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