L’Occidente non può censurare il pensiero critico

0 0
L’ultimo in ordine cronologico è Steve Bell, vignettista cacciato dal Guardian per la sua posizione fortemente ostile al premier israeliano Netanyahu. Tuttavia, non si contano più gli episodi di censura ai danni di intellettuali, artisti e singoli cittadini, rei di aver espresso la propria solidarietà al popolo palestinese o, comunque, di aver condannato l’azione politica e repressiva di un governo di estrema destra che da quando è in carica ha fatto solo il male di Israele e della sua gente. E allora lo diciamo chiaramente: il fatto che Moni Ovadia sia stato costretto a rassegnare le dimissioni dalla direzione del Teatro di Ferrara, la mancata premiazione di Adania Shibli alla Fiera del Libro di Francoforte, il divieto di manifestare a favore della Palestina, varato in alcuni dei principali paesi europei e fortunatamente ignorato da migliaia e migliaia di persone che si sono riversate nelle strade e nelle piazze, e altri mille episodi di intolleranza, razzismo e autentica discriminazione ci dicono con chiarezza che l’Occidente sta morendo. Scusate, ma questa non è l’Europa per cui ci siamo battuti per decenni. Un’Europa che chiude le frontiere, di fatto accantonando Schengen, un’Europa gretta, intollerante e retta da una destra sempre più regressiva e pericolosa, un’Europa in cui spadroneggia Orbán, un’Europa in cui per oltre un decennio è stato accolto e coccolato Putin, un’Europa in cui i despoti sono tali solo se non rispondono ai nostri interessi, un’Europa che caccia i migranti e ha smarrito il valore sacro della solidarietà, un’Europa in cui dilagano partiti che si richiamano esplicitamente a ideologie assassine e criminali che hanno insanguinato il Ventesimo secolo, un’Europa così non ci appartiene.
Noi abbiamo sempre condannato ogni forma di violenza. Abbiamo pianto di fronte alla strage di ragazze e ragazzi che stavano partecipando a un rave lo scorso 7 ottobre e siamo inorriditi al cospetto della brutalità di Hamas. Non giustifichiamo in nessun modo alcuna organizzazione disdicevole e non ci pieghiamo alla logica secondo cui l’orrore si condanna a seconda di chi lo compia. Ciò premesso, non possiamo chiudere gli occhi di fronte a ciò che sta accadendo a Gaza: una strage, un orrore senza fine, migliaia e migliaia di morti, per lo più bambini, assolutamente innocenti, del tutto estranei allo scempio compiuto da Hamas: di questo stiamo parlando, e non rimarremo in silenzio. Quando è stato colpito l’ospedale battista, ad esempio, non ci siamo chiesti chi fosse stato: siamo inorriditi a prescindere, tenendoci alla larga dalla conta dei morti e da alcune descrizioni cariche di cinismo e malvagità che abbiamo letto da altre parti. Ognuno svolga questa professione come crede, ma certe descrizioni le lasciamo volentieri ad altri. Per noi anche una sola vittima è un abominio, sia essa israeliana, palestinese o di qualsiasi altra nazionalità.
Da laici, ammiriamo il Papa, unico testimone di speranza, unica voce che si sta levando con forza contro l’abisso nel quale stiamo sprofondando, unico sprone a un mondo che sta correndo ad ampie falcate verso il suicidio. Non può bastare, però. Da Assange a Snowden, passando per le voci del dissenso di qualunque colore, dal G8 di Genova in poi abbiamo assistito a uno sfregio della libertà d’espressione senza precedenti, con governi che addirittura ormai rivendicano misure illiberali e incostituzionali e personaggi alquanto discutibili, per usare un eufemismo, che gettano benzina sul fuoco della rabbia.
Non abbiamo sentito in un solo talk show, compresi i migliori, un ospite che fosse uno dire l’unica cosa che andrebbe detta in questo periodo: la vera differenza fra noi e i tagliagole è che noi ammettiamo il dissenso, discutiamo, ci confrontiamo, magari ci accapigliamo pure ma senza impedire a chicchessia di far sentire la propria voce. Se nessuno lo ha detto, è perché purtroppo non è più così. E oggi siamo chiamati a fare i conti con attacchi selvaggi nei confronti degli universitari, con le critiche feroci all’indirizzo dei manifestanti di Ultima Generazione, che hanno ragione da vendere ma purtroppo nessuno ascolta, e con altre forme di crudeltà gratuita che segnano la nostra sconfitta epocale.
Non esistono i valori occidentali: esistono solo i valori universali. Ma se un tempo esisteva una nostra diversità, è venuta meno. E noi, da occidentali innamorati della nostra terra e di un progetto nel quale vorremmo continuare a credere, non lo possiamo accettare. Perché il bavaglio imposto a chicchessia, fosse anche la personalità più distante da noi, è un pericolo per tutti, compresi coloro che si sentono sicuri nelle proprie tiepide case e, evidentemente, non hanno capito la follia del tempo che stiamo vivendo.

Iscriviti alla Newsletter di Articolo21