Se la strage dei morti sul lavoro non suscita “allarme sociale”

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Cosa sono per ciascuno di noi 2 euro e 60? Cosa significano? Al bar per una consumazione spendiamo normalmente molto di più. Per i cinque operai morti nella “strage di Brandizzo”, falciati dal treno, rappresentavano la maggiorazione oraria per il lavoro notturno dalle 22 della sera alle 6 del mattino. Lo ha documentato Simone Bauducco reporter del Fatto Quotidiano. Da tempo sappiamo che la cosa più opportuna che l’informazione può fare, contro la piaga delle morti sul lavoro, è “seguire le storie delle vittime”, dar loro un contesto, non liquidarle come “inevitabili incidenti” ma impegnarsi come si fa per la cronaca nera, come accade per gli omicidi. Ma perché nel campo dei media non lo fa quasi nessuno? Per tre ragioni: perché questa strage continua non suscita allarme sociale, perché non ci sono soggetti politici che la cavalcano per aumentare i consensi, perché passata l’ondata emotiva ci si gira dall’altra parte. D’altronde la logica neoliberista e classista della nostra società è talmente marcata, da essere diventata una sorta di “senso comune”. Solo le fasce sociali più deboli, che non hanno voce, si trovano a correre determinati rischi per un pugno di euro. La morte così diventa un problema loro. Un’esagerazione? Basti pensare che dopo Brandizzo in pochi giorni ci sono stati altri 13 caduti sul lavoro. Chi conosce questo numero? Chi ne ha parlato?

La faccenda è seria e qualche autorevole appello c’è stato. Il Presidente della Repubblica (col ministro competente invece assente) andando a Brandizzo ha compiuto un gesto importante. Ma le speranze che le cose cambino sono ridotte al minimo. In realtà ci vorrebbero una campagna battente sul tema del lavoro sicuro e dignitoso e una presa di coscienza a 360 gradi. Invece assistiamo a una accentuazione dei tratti classisti della nostra società. Questo tema della sicurezza guarda ad esempio da vicino quello della salute. Se in Italia il 37% delle persone rinuncia a curarsi per mancanza di soldi questo vuol dire che c’è più di un terzo della “nazione” abbandonato a se stesso.

Poi si sentono influenti politici magnificare le virtù del mercato, del merito, del lavoro che nobilita e dà senso all’esistenza. Ecco: i 2 euro e 60 dei morti di Brandizzo smontano alla radici questa retorica. Contro le chiacchiere bisogna far tornare in campo la realtà. Il lavoro povero non è un problema privato dei poveri ma di una società equilibrata in cui valga la pena riconoscersi.


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