Scivolando verso l’Azerbaigian, l’informazione italiana sotto pressione come nei regimi

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Fa un certo effetto, al di là e al di fuori di qualunque pregiudizio, vedere appaiati lo stato di salute dell’informazione italiana a quello dell’Azerbaigian. Quest’ultimo è un Paese di dieci milioni di abitanti dove molti diritti civili sono in bilico se non del tutto negati, è fuori dall’Europa e, invece, inserito in quello che ancora può essere definito lo scacchiere sovietico. Insomma una realtà profondamente diversa da quella italiana, eppure la condizione dei giornalisti italiani è pressoché pari, in questo momento, a quella dei colleghi dell’Azerbaigian e di altri stati similari, tipo l’Armenia, la Russia, la Serbia, pezzi di continente dove la democrazia, diversamente che da noi, è un concetto complicato. Per comprendere quanto stia scivolando in basso la libertà di espressione in Italia, e con essa quella di informazione, esiste un termometro rigoroso e non contestato ed è l’osservatorio dellEfj, la Federazione europea dei giornalisti, che ogni giorno sul proprio sito mette in fila gli abusi contro i giornalisti e le limitazioni alla loro libertà, che equivale alla limitazione della democrazia nei Paesi in cui lavorano. Ebbene questa settimana in apertura del sito c’è il caso Rai.
“La Commissione Europea ha appena confermato lo stato di dipendenza politica della televisione pubblica italiana RAI. La Federazione europea dei giornalisti (EFJ), insieme al sindacato dei giornalisti della RAI Usigrai e alla Federazione italiana dei giornalisti (FNSI), chiede un’immediata riforma legislativa per garantire finalmente l’indipendenza della RAI.” Questo è l’incipit. A Seguire il focus sulla condizione dei giornalisti in Armenia, Kosovo e Azerbaigian, appunto. Ma nel mezzo torniamo noi, con il caso del giornalista e scrittore Roberto Saviano, il cui programma è stato cancellato dall’azienda pubblica di informazione (la Rai) perché l’autore ha criticato un Ministro in carica, Matteo Salvini e questi ne ha chiesto la testa. Versione dei fatti smentita dai vertici Rai ma la cui sequenza è inconfutabile. Ebbene negli stessi giorni succedeva in Azerbaigian che un un giornalista fosse condannato al carcere perché aveva trasmesso un’intervista critica sul Ministero della Difesa di quel Paese. Ecco parte del resoconto di Efj.

Il 24 luglio, il tribunale distrettuale di Narimanov, presieduto dal giudice Vusal Gurbanov , ha condannato Vugar Mammadov, caporedattore del quotidiano Hurriyyet, del canale Youtube Hurriyyet TV e del portale di notizie Hurriyyet.az, a un mese di carcere. La sentenza si basa sull’articolo 388.1.1.1 del codice degli illeciti amministrativi.

https://europeanjournalists.org/blog/2023/07/27/azerbaijan-journalist-vugar-mammadov-sentenced-to-one-month-in-prison/

Ora, se la coincidenza non fosse tragica la si potrebbe  catalogare come comica: quest’anno i giornalisti e il direttore del quotidiano Il Domani sono stati denunciati, con un’azione evidentemente temeraria, dal Ministro della Difesa italiano, come conseguenza di un articolo critico sul ministro della Difesa medesimo. Il quale è andato anche oltre, presentando un esposto con cui chiedeva come mai i giornalisti avessero avuto le informazioni pubblicate e se per caso esse fossero frutto di accesso illecito ai data base riservati.

Purtroppo in tema d’informazione  l’elenco delle similitudini tra l’Italia e piccoli paesi senza diritti civili sono tante e stanno aumentando, la Rai ci mette del suo ma in generale il livello della libertà di informazione diminuisce anche nel settore privato della stampa, nei giornali come nelle tv e nei nuovi canali di comunicazione. Un Paese che cerca di bloccare la divulgazione delle notizie è un luogo che ha qualcosa da nascondere. E di cui, probabilmente, vergognarsi.

(Nella foto, dal sito Efj, del giornalista Vugar Mammadov)


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