Un vergognoso (e impunito) sfruttamento dei bambini-braccianti a Latina. Il rapporto di Save the children

0 0

Piccoli borghi dai nomi che rimandano al profondo nord e arrivati quaggiù al sud, in provincia di Latina, insieme ai coloni durante il fascismo, ora ricompaiono per una improvvisa drammatica notorietà dentro il 23esimo rapporto di Save the children sui “Piccoli Schiavi Invisibili”, un’indagine sui figli dei braccianti che quest’anno accende i riflettori su due province italiane, Latina e Ragusa. Due province ad altissima vocazione agricola, con tanti lavoratori sfruttati, con una presenza asfissiante della mafia nel trasporto e nella mediazione dell’ortofrutta, con una vergognosa carenza di controlli ispettivi. Scrive Save the children: “Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo nel settore agricolo si concentra dove c’è più lavoro, come nel caso di alcuni distretti strategici per l’agroalimentare italiano, proprio come la provincia di Latina, dove ci sono terreni che consentono la coltivazione intensiva, e che richiedono una forte presenza di manodopera anche per la raccolta e l’imballaggio dei prodotti agricoli, e dove insiste il MOF – Centro Agroalimentare all’Ingrosso di Fondi”.
Il viaggio di Save The Children nel territorio pontino si è concentrato tra Latina, Bella Farnia, Borgo Hermada, Borgo San Donato, Pontinia e Borgo Montenero. Per comprendere fino in fondo di cosa si sta parlando bisogna scendere nelle viscere dell’agro pontino e quei borghi lo sono.
Bella Farnia è il più grande ghetto per immigrati indiani, tutti braccianti; si trova a Sabaudia, la famosa località delle dune amate da Moravia e dove ogni vip o calciatore della Roma che conta ha almeno una villa con i muri sulla sabbia. Il primo a occuparsi di questo agglomerato etnico e sociale è stato Marco Omizzolo ormai quindici anni fa, raccogliendo in cambio le prime minacce (di una lunga serie) da imprenditori del posto e anche da taluni politici.
Borgo Hermada è un lembo del territorio di Terracina dove il 90% degli iscritti alla scuola primaria è figlio di indiani che lavorano in agricoltura.
Borgo San Donato è un mix tra aziende agricole e villette del mare, nelle giornate di maggio l’aria lì è intrisa di odori di fitofarmaci, in quel puntino della provincia di Latina si concentrano le cooperative con maggiore estensione e il più alto numero di infortuni sul lavoro.
Borgo Montenero è a metà strada tra Sabaudia e San Felice Circeo: davanti ad ogni casa c’è un trattore, è probabilmente l’area più fertile della provincia e anche la più sfruttata nonché una delle possibili fonti inquinamento del mare e dei corsi d’acqua dell’intero comprensorio; qui si sono verificati episodi di cronaca gravissimi, come le minacce con armi da fuoco nei campi per costringere i braccianti a non protestare sul salario.
Nei borghi citati da Save the children risiede la maggior parte dei circa 13mila stranieri che lavorano nei campi agricoli (su 20mila braccianti totali, di cui 7mila sono italiani). Numeri che fanno riferimento ai soli lavoratori censiti, perché poi ci sono i braccianti irregolari, «un fenomeno presente e diffuso ma molto difficile da stimare in termini numerici».
Il viaggio dell’associazione si è concentrato nell’incontrare e conoscere i bambini, che a «9 e 10 anni sono spesso già adulti. Al di fuori dell’orario scolastico trascorrono molto tempo soli. Crescono fratelli e sorelle più piccoli. Il livello di scolarizzazione è diffuso, almeno fino a 16 anni. Molti di loro non fanno sport, né altre attività ricreative. Ci sono stati segnalati anche alcuni casi limite: bambini di 6 – 7 anni con depressione diagnosticata dal pediatra o con difficoltà a gestire la rabbia, a causa della situazione familiare disagiata».
Dietro alla rabbia e al disagio c’è spesso la condizione di sfruttamento dei loro genitori «tenuti per il collo dall’esigenza del rinnovo del permesso di soggiorno da cui dipende tutta la famiglia». C’è chi, tra gli intervistati, ha scoperto di aver avuto per anni un inquadramento contrattuale diverso dalla mansione svolta, ma in pochi denunciano: hanno paura di perdere il lavoro.
A Bella Farnia, sono diversi i giovani di 16 e 17 anni che, intervistati da Save The Children, hanno dichiarato di aver iniziato a lavorare nei campi subito dopo la fine dell’anno scolastico. «Alla domanda: hai un contratto? Hanno tutti risposto: “Sì”. Ce lo fai vedere? “Non posso, ce l’ha il padrone”».
Poi ci sono le testimonianze di agricoltori e pastori della zona, che vedono ragazzini di 13 e 14 anni lavorare in campagna: «Quando in azienda c’è bisogno di manodopera extra, arrivano pulmini dai Paesi limitrofi e scaricano braccianti a giornata. Tra loro talvolta ci sono anche minori. Ieri per esempio da Sezze è arrivato un ragazzino marocchino. Avrà avuto al massimo 14 anni. Ha lavorato un po’ e poi, forse per il caldo, ha avuto un mancamento e si è seduto. Il padrone l’ha visto e gli ha detto: ‘ehi vattene a casa, non voglio problemi’. Se ne è andato, da solo a piedi». E quando le scuole chiudono, i ragazzini che vanno a lavorare sono ovviamente molti di più.
Lo stesso accade a Borgo Montenero, dove giovani di 18 anni sono costretti ad abbandonare la scuola e mettersi a lavorare per esigenze familiari, soprattutto se uno dei genitori ha avuto un incidente, come spesso accade.

 

Leggi anche
https://www.articolo21.org/2023/04/anche-i-minori-stranieri-sfruttati-nelle-campagne-pontine/


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21