Lo sciopero UsigRai a tutela del cittadino e della libertà 

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Nei miei 26 anni di lavoro giornalistico in Rai ho sempre aderito all’UsigRai, da iscritto prima, da dirigente poi, infine di nuovo da iscritto. Contemporaneamente, dalla nascita nel 2002, ho partecipato con entusiasmo alla fondazione di Articolo 21. Perché? Perché si creava un punto d’osservazione straordinariamente importante non solo per chi esercita il lavoro giornalistico, ma soprattutto per il cittadino che ha fiducia e crede nella funzione democratica della professione. Quindi una possibile analisi interna, associata ad una esterna. Ho avuto così modo di valutare in modo approfondito la serietà del lavoro svolto dal sindacato unitario dei giornalisti Rai sempre attento non solo a tutelare la professione ma ad opporsi ai molti tentativi che si sono susseguiti e ripetuti per ridurre, se non proprio abbattere, la funzione di servizio pubblico della prima azienda culturale del Paese.

Alla luce di questa lunga esperienza sono oggi in grado di immaginare il livello di intollerabilità che si è raggiunto nei rapporti aziendali per indurre l’UsigRai – sempre responsabile e prudente – a proclamare lo sciopero generale di lunedì prossimo 6 maggio.

Alla conoscenza da ex interno si è poi aggiunta la riflessione da cittadino/utente e da socio di Articolo 21. Così non ho avuto difficoltà a condividere il giudizio sulla trasformazione che sta avvenendo in Rai, tanto da essere accusata di essere diventata il megafono del governo Meloni, l’inedita Telemeloni.

E non solo e non tanto per la cacciata dei principali protagonisti dell’incontrastato successo della Rai negli indici di ascolto – Fazio-Littizzetto, Saviano, Amadeus, tanto per citarne alcuni -, quanto per la riproposizione in forma diversa dell’editto bulgaro legato alla memoria di Berlusconi.

Oggi l’attacco frontale è alle modalità della comunicazione. Penso ai monologhi della Presidente del Consiglio, all’impaginazione delle principali testate, ai temi trattati e, soprattutto, a quelli ignorati. Quante immagini vengono dedicate, ad esempio, alla protesta dei democratici di Israele contro Netaniahu e la sua guerra forsennata, alle devastazioni di Gaza, alla fame di cui soffrono bambini, donne anziani, alla costante equiparazione tra il feroce atto terroristico commesso da Hamas e l’immensa devastazione causata dai raid aerei, dalle bombe, dai massacri dell’esercito israeliano, al tentativo di far passare per antisemite le lotte antisioniste di tanti ragazzi nel mondo intero – come oltre mezzo secolo fa avvenne contro la guerra americana in Vietnam -, ai palestinesi vittime come se fossero tutti seguaci di Hamas o loro complici.

E che dire della partecipazione italiana alla vendita di armamenti ai soggetti in guerra. Si ha un bel dire, ufficialmente, che non siamo in guerra con la Russia, ma anche le armi made in Italy concorrono ad uccidere soldati russi. Tutto questo, sia chiaro, a prescindere dalla dura condanna che si deve fare di Putin e della sua concezione del mondo e delle relazioni. Ma chi lo fa dei componenti del nostro governo? E che informazione dà la Rai, servizio pubblico, sui tanti conflitti in atto nel mondo?

Se Articolo 21 era stato buon profeta – e non Cassandra, come additato da tanti –  non era dipeso da preclusione ideologica, ma dai progetti annunciati da questo governo: le leggi bavaglio, l’attacco all’autonomia e indipendenza della magistratura, il premierato, l’autonomia differenziata. Quale lo strumento più efficace da individuare per veicolare in modo propagandistico, senza possibili interlocuzioni critiche, questa strategico attacco alla Costituzione? Ovviamente utilizzando il più efficace mezzo di comunicazione, quello a cui fa riferimento, per informarsi, il 65% della popolazione: la televisione e quella pubblica in particolare, quella che si regge sul canone pagato dai cittadini. Assalto al potere, quindi, con la scelta di uomini e donne di piena fiducia da mettere  in posti chiave.

Altro che gioco delle parti. All’epoca delle lottizzazioni c’era il rispetto dell’utente. Oggi c’è l’obbligo, il rispetto dell’appartenenza a chi non si dichiarerà mai antifascista, anche se ha giurato sulla Costituzione antifascista. Sacrificato Scurati, chi sarà il prossimo? Il vergognoso tentativo del sindacato giallo Unirai di boicottare lo sciopero potrà ottenere qualche adesione, purtroppo, per paura o opportunismo, ma non potrà mai nascondere ai cittadini/utenti quel che può verificare tutti i giorni.

È per loro, più che per una ragione interna che l’UsigRai ha deciso di proclamare lo sciopero generale e a quella difficile scelta deve andare tutta la solidarietà dei democratici e di chi si rende conto di quale pericolo continui a correre un Paese che viene invitato ad identificarsi ancora una volta, come un secolo fa, dietro un capopopolo che questa volta non agita in sfida la mascella volubile, ma il proprio nome, Giorgia.


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