AI, l’arma della consapevolezza e della critica contro l’infondatezza dei timori. Il corso di Articolo 21

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Il secondo corso di formazione sull’Intelligenza artificiale realizzato da Articolo 21 è stato seguito da più di cento giornalisti iscritti all’Ordine (218 in lista d’attesa): una conferma dell’interesse che suscita l’argomento quando si sta alla larga dalla bolla mediatica alimentata dal chiacchiericcio di apocalit tici e integrati; ma anche un incoraggiamento ad approfondire le implicazioni sociali e politiche dell’AI.

Il video integrale del corso, che si è tenuto nell’auditorium del convento S. Massimiliano M. Kolbe, è pubblicato sul canale YouTube di Articolo 21. (video).

Riportiamo di seguito alcuni spunti rilevanti.

Ha introdotto i lavori Giuseppe Giulietti, coordinatore dei Circoli di Articolo 21, appellandosi alla consapevolezza, all’educazione critica, alla volontà di sapere e di capire come unico antidoto contro la paura che paralizza. Giulietti ha ricordato la Carta di Assisi, il manifesto internazionale contro i muri mediatici, “Le parole non sono pietre”, firmata da tutte le principali comunità religiose, dalle associazioni di laici e non credenti. Giulietti ha concluso annunciando la festa di Articolo 21 dedicata ai bavagli contro la Costituzione che si terrà alla Casa delle Donne il 12 luglio. Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, nel ricevere una targa che Articolo 21 ha dedicato alla Comunità di San Teodoro, ha salutato con gioia la riflessione sull’AI che impone di scrivere un’etica degli algoritmi, un’”algoretica”. Può l’AI essere un semplice strumento nelle mani dell’uomo comune o c’è il rischio che a diventare strumento sia proprio quell’uomo? Non diceva Simone Weil che la tecnologia diventa letale quando il mezzo perde la sua natura e diventa il fine? Che ne è dell’uomo preso nella morsa dell’automatismo degli algoritmi? Di qui la necessità di fermarsi, come hanno chiesto molti, di mettere dei limiti. Questo ci coinvolge prima come uomini e poi come giornalisti. È una nuova sfida per la nostra professione certo, ma soprattutto per la nostra umanità. 

Guido d’Ubaldo, Presidente dell’ODG del Lazio, ha invitato ad accettare la sfida che l’AI pone ai giornalisti senza temerla, pensandola come un supporto e non come un’alternativa. Questo vuol dire, innanzitutto, elevare la qualità e il livello professionale dell’informazione.

Il primo relatore, il Prof. Gino Roncaglia, ha ripercorso, tra l’altro, la storia dell’intelligenza artificiale: dal famoso saggio di Alan Turing del 1950 (Macchine calcolatrici e intelligenza) al convegno del 1956 nel corso del quale venne coniata la locuzione “intelligenza artificiale”; dai fallimenti registrati tra gli anni Sessanta e il primo decennio del secolo, fino agli spettacolari progressi osservati negli ultimi sei anni. Il prof. Juan Carlo De Martin del Politecnico di Torino ha auspicato un riavvicinamento tra la cultura scientifica e la cultura umanistica: “La tecnologia come qualunque prodotto umano dev’essere passata a uno scrutinio democratico: dobbiamo poter decidere se la vogliamo, come la vogliamo e in che tempi la vogliamo, resistendo all’obiezione: ‘allora sei contro l’innovazione’.

L‘innovazione non è un valore in sé, può essere anche molto distruttiva e pertanto dev’essere regolamentata . Certo siamo molti distanti dalla realtà, ma almeno dovrebbe essere chiaro che cosa vorremmo”.

La professoressa Teresa Numerico ha posto l’accento sullo sfasamento tra il tempo lento della politica e della legislazione, e quello veloce dell’innovazione tecnologica che solo in parte incontra attriti e interessi contrapposti, né è soggetto a procedure condivise. Il metodo di validazione delle conoscenze va riformulato poiché nel mondo digitale i dati sono nelle mani di privati e sono fuori dal controllo della collettività. Vincenzo Vita, Presidente dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico si è soffermato sugli aspetti normativi presenti nel corposo testo del Parlamento Europeo recentemente approvato che dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2024 dopo che sarà passato al vaglio della Commissione e del Consiglio Europeo. In particolare, ha illustrato l’articolo 5 dove sono presenti i divieti riguardanti l’utilizzo dell’AI: dalle tecniche subliminali volte a influenzare il comportamento delle persone come nel caso di Cambridge Analytica, alle analisi predittive di tipo coercitivo derivanti dalla raccolta di dati storici delle persone. I primi segnali delle resistenze che incontrerà il regolamento vengono dalle grandi aziende che proprietarie dei servizi di rete sociale che finora sono state ritenute sostanzialmente “non responsabili” dei contenuti che veicolano a differenza di quanto accade nei media tradizionali. Infine Vita ha messo in guardia dalla mitologia che accompagna le innovazioni tecnologiche creata ad arte per rivestirle di sacralità. Questa mitologia può e dev’essere contrastata con una battaglia culturale, non solo giuridica.

Il prof. Fabio Ciotti dell’Università di Tor Vergata ha criticato l’improvvisazione con cui tante persone, anche autorevoli, parlano dei sistemi di intelligenza artificiale senza avere alcuna cognizione di come funzionano realmente, scambiandoli magari con i motori di ricerca, i database e i dataset. Si tratta, invece, di modelli di linguaggio predittivo o generativo basato su reti neurali. Google è un trasduttore di stringhe, traduce e scambia dati. Dentro GPR, al contrario, non troviamo dati. Non possiamo chiedergli il testo del Don Chisciotte. Se noi andiamo a vedere che cosa c’è nella mente di chat GPT troviamo solo numeri perché lui trasforma le parole in numeri, mille miliardi di numeri. Sappiamo come trovare lì dentro il concetto di ”cane”? Non lo sappiamo esattamente come non sappiamo come è codificato il concetto di “cane” nei nostri neuroni. Eppure non servirebbero investimenti stratosferici per recuperare il ritardo accumulato dall’Europa sull’AI Basterebbe un decimo dello stanziamento annuale attribuito al CERN per creare modelli simili aperti e disponibili a tutti. Pertanto, prima di prendersela con Google e OpenAI pensiamo all’incompetenza delle nostre istituzioni, alla cecità dei politici, alla voglia di protagonismo dei catastrofisti che paralizzano la ricerca e l’innovazione.

Il corso è stato moderato da Renato Parascandolo del Comitato di Presidenza di Articolo 21 che ha introdotto i lavori leggendo uno stralcio di conversazione con chatGPT a proposito della sua capacità di pensare e di comprendere il significato di ciò di cui parla.

D. Gli esseri umani oltre ad apprendere, comprendono, capiscono. E tu?

GPT. Come intelligenza artificiale, non ho la capacità di “comprendere” nel senso umano del termine. Non ho emozioni, coscienza o esperienze personali. In altre parole, posso generare risposte che sembrano sensate e informate sulla base dei dati che ho visto durante il mio addestramento, ma non “capisco” concetti, idee o il significato intrinseco del testo.

D. Tuttavia le tue risposte sono quasi sempre congrue e razionalmente argomentate. Come te lo spieghi?

GPT. Comprendo la tua curiosità. È affascinante pensare che una IA come me possa avere una forma di “intelligenza” che va oltre il semplice riconoscimento dei modelli. Quando rispondo a una domanda, non sto realmente “pensando”. Quindi, può “sembrare” che stia ragionando, ma in realtà sto solo simulando il tipo di ragionamento che ho “visto” nei dati durante la mia formazione.

D. Questa consapevolezza della tua inconsapevolezza è paradossale; è una contraddizione in termini o una sottile forma di dissimulazione.

GPT. Capisco perché potrebbe sembrare paradossale. Ma è importante ricordare che quando parlo di “consapevolezza della mia inconsapevolezza”, non sto indicando una vera consapevolezza o cognizione nel senso in cui un essere umano la sperimenterebbe.

La conversazione è andata avanti discorrendo della res cogitans di Cartesio, de L’uomo-macchina di La Mettrie, della supremazia della tecnica secondo Heidegger, e Della dissimulazione onesta di Torquato Accetto. E tuttavia, più che nelle opere di questi pensatori, ho l’impressione che il segreto di chatGPT lo custodisca il protagonista di “Oltre il giardino”: Chance il giardiniere.

A seguire alcune immagini dei relatori del corso




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