Un pensiero di affetto e gratitudine per Monsignor Luigi Bettazzi

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Ho appreso la notizia della morte di Monsignor Luigi Bettazzi mentre terminavo di leggere un’intervista a Edgar Morin, un intellettuale poliedrico che ha sempre lavorato per una conoscenza capace di superare la separazione dei diversi saperi e di capire i mutamenti del e nel mondo con il pensiero della complessità che, sostiene Morin: “mi ha portato a creare il Metodo. Vedremo se riuscirà a eliminare …il pensiero riduzionista, unilaterale, manicheo …che, oggi regna. .

l’homo sapiens è anche homo demens. Lo vediamo nella guerra in Ucraina, lo abbiamo sperimentato in molte altre occasioni… Tutto questo ci conferma una crisi di civiltà… ci vorrebbe un nuovo modo di pensare la politica. Purtroppo non c’è. Al contrario è in atto una regressione democratica … accompagnata dal rischio di una società del controllo e della sottomissione …” All’ultima domanda ha risposto con più levità: ” Vivere significa soprattutto avere relazioni umane. Amare, meravigliarsi, ribellarsi. … Vivere è sentire e sperimentare la poesia della vita, in comunione e con fervore. Per me il vero mistero è la vita, non la morte”. (Repubblica 16.7.2023)

Mi è venuto spontaneo riprendere in mano il carteggio tra Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea e Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano (1976/1977) Ho pensato di riportare alcuni passi che non hanno bisogno di commenti.

La lettera di mons. Luigi Bettazzi a Enrico Berlinguer porta la data del 6 luglio 1976 subito dopo le elezioni del 20 giugno e, oltre a porre al segretario del PCI alcuni quesiti sulla “teoria e la pratica” del partito nei confronti della Chiesa, della religione, dello stato Vaticano, apprezza l’esperienza della sinistra indipendente e sembra offrire un “gradimento” all’ingresso del PCI nel governo chiedendo, quasi in cambio, particolare coerenza ed onestà.

Onorevole,

Le sembrerà forse singolare, tanto più dopo le ripetute dichiarazioni dei vescovi italiani, che uno di loro scriva una lettera, sia pure aperta, al Segretario di un partito, come il Suo, che professa esplicitamente l’ideologia marxista, evidentemente inconciliabile con la fede cristiana. Eppure mi sembra che anche questa lettera non si discosti dalla comune preoccupazione per un avvenire dell’Italia più cristiano e più umano.

Era più ovvia la lettera che scrivevo, mesi fa, all’on. Zaccagnini, neo-segretario di un partito che ufficialmente si professa cristiano, che accoglie nella stragrande maggioranza persone che si dichiarano ispirate ad una ideologia cristiana, e che ha sempre riscosso una particolare attenzione da parte della gerarchia cattolica. Erano tutti motivi che mi suggerivano di esortare discretamente il Segretario di quel partito, non solo ad esigere una maggiore coerenza dai membri, e soprattutto dai responsabili, sul piano della competenza o dell’onestà personali, ma più ancora a impegnare il partito a dimostrarsi veramente « cristiano », a mettersi quindi sul piano di una politica più aperta e più impegnata, in ordine alle esigenze della giustizia sociale e di una più effettiva uguaglianza di tutti i cittadini nei loro doveri.

È per amore di dialogo che ora mi rivolgo a Lei, e in Lei a tutti coloro che hanno responsabilità nel Suo partito, e in generale a tutti coloro che vi hanno dato adesione, soprattutto col voto. Forse non ci si domanda abbastanza, nel «mondo borghese» e in molta parte del nostro «mondo cattolico», il perché di questo vostro successo, preoc- cupati, come siamo naturalmente, di ricordare la vostra ispirazione marxista, che da una parte si collega con il materialismo e l’ateismo e dall’altra si è troppo spesso aperta a dittature e a violenze, anche antireligiose. …

Io penso ora a quanti hanno votato per voi ignorando o non condividendo la vostra visione della vita e della storia, e trascurando le forme concrete con cui i comunisti governano in altre parti del mondo, valutando invece la concreta, determinante efficacia della vostra lotta per tutte le conquiste sociali di questi decenni.

Tanti, soprattutto operai, immigrati, diseredati, guardano a voi come a una speranza di rinnovamento, in una società in cui essi non trovano sicurezze per il loro lavoro, per i loro figli, per una loro sia pur minima influenza nelle decisioni che coinvolgono tutti. Penso a quelli che hanno votato per voi e sono cristiani, e non intendono rinunciare alla loro fede religiosa, che anzi – forse nella sofferenza per la «disobbedienza» alla gerarchia – pensano così di promuovere una società più giusta, più solidale, più partecipata, quindi più cristiana. Quello che può farci pensare è il vostro atteggiamento (confermato dalle posizioni ch’Ella ha assunto pubblicamente sul piano internazionale), che sembrerebbe tendere a realizzare un’esperienza originaria di comunismo, diversa dai comunismi di altre nazioni. Di questo impegno è singolare testimonianza il fatto nuovo dei «cristiani» che avete voluto tra i vostri candidati, e che avete fatto eleggere. Forse cl sono sempre stati tra voi dei cristiani, per origine e magari per una certa pratica religiosa, ma mai c’erano stati casi così clamorosi di cristiani qualificati e pubblicamente impegnati a restare tali. È comprensibile la reazione della gerarchia cattolica, preoccupata di evitare, non solo confusioni ideologiche, ma soprattutto lo sconcerto del «mondo cattolico» di fronte a un fatto così nuovo e cosi problematico. Ma questo non toglie valore alla vostra decisione, che, se anche fosse stata suggerita da motivi di tattica politica, resta peraltro coraggiosa e aperta a conseguenze di rilievo. … …

Ci sovviene la famosa distinzione, che Papa Giovanni faceva nell’Enciclica «Pacem in Terris», tra «le false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine e il destino del mondo e dell’uomo» e i «movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione». «Questi movimenti – dice Papa Giovanni – agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti anche pro- fondi». «Per questo – continua ancora – può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico ieri ritenuto non opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo possa divenire domani». Il timore più grande che tanta gente prova di fronte alla vostra avanzata è suggerito dalle esperienze straniere. In troppi paesi lo sforzo legittimo per un rinnovamento socialista della collettività è accompagnato da eccessi violenti di soppressione di troppe libertà, compresa quella religiosa. …Per fare un esempio: accanto al Vietnam, dove il processo di rinnovamento sociale risulta rispettoso della vita e di alcune libertà fondamentali, come appunto quella religiosa, vi sono paesi, come la Cambogia, dove le poche notizie che giungono ci fanno temere oppressioni insopportabili e soffocamento di ogni libertà e della stessa dignità umana. Vorremmo che voi poteste utilizzare il prestigio che vi viene dalla comunanza di ideali per ottenere da questi vostri compagni atteggiamenti di maggiore tolleranza e di maggior rispetto.

Mi scusi per questa lettera, che molti giudicheranno ingenua, e non pochi contraddittoria con la mia qualifica di vescovo. Eppure mi sembra legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini.

Enrico Berlinguer risponderà a Monsignor Luigi Bettazzi un anno dopo, il 13 ottobre 1977.

Sul perché attese più di un anno per rispondere ci sono diverse ricostruzioni. Di certo ha pesato un periodo difficilissimo per il PCI e, in particolare per Berlinguer premiati dal voto del popolo e proprio per questo in difficoltà: paradossale, è la democrazia bloccata, bellezza! È credibile altresì che volesse sviluppare il dialogo con i cattolici, nucleo teorico anche del compromesso storico e verificare l’atteggiamento possibile della Chiesa. Spiegherà, nella risposta, che anche la possibilità della nascita del gruppo parlamentare della sinistra indipendente nasce dal fatto che il PCI è “…un partito laico… di popolo, non settario, non integralista che lavora per alleanze democratiche ampie e una trasformatrice unità con forze sociale, politiche e ideali diverse da noi. …”.

In chiusura Berlinguer rivolge l’auspicio “che i cattolici e le loro organizzazioni si impegnino e partecipino al buon funzionamento democratico del Paese…  Il PCI opera per una società aperta ed accogliente verso i valori cristiani; non per una società cristiana o uno Stato cristiano e non già perché siamo anticristiani ma solo perché sarebbero anch’essi una società e uno Stato “ideologici”, integralisti …”

 

Monsignor Luigi Bettazzi così conclude la lettera inviata a Enrico Berlinguer:

Il «Vangelo», che il vescovo è chiamato ad annunciare, non costituisce un’alternativa, tanto meno una contrapposizione alla «liberazione» dell’uomo, ma ne dovrebbe costituire l’ispirazione e l’anima. Gesù stesso, quando si presentò ai suoi contemporanei, lo fece con le parole dell’antico profeta, affermando di essere «mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore».

 

Monsignor Luigi Bettazzi, partecipò allo storico Concilio Vaticano II, fu Presidente di Pax Christi. Forte il suo impegno e la sua voce per la pace. A novembre avrebbe compiuto cento anni.

Un pensiero di affetto e di gratitudine.


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