“Canale terminale”. Racconti dall’inferno Covid

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È strano e quasi surreale scrivere di Covid e di morti di Covid quando per tutti ormai la pandemia è qualcosa di lontano, lontanissimo, quasi un incubo da cui ci siamo svegliati e di cui nessuno vuole più parlare.
Tutti presi a ricominciare da dove eravamo rimasti.
Con la voglia solo di vacanze, di mare, di sole, di divertimento. Voglia di assembramento.
Ma non è finito per tutti l’incubo, e sicuramente per molti è solo iniziato.
Perché , a dispetto di chi ha negato le morti di covid e di chi vuole solo chiudere questo brutto capitolo, la storia disperata di chi di covid è morto vuole essere raccontata, chiede di essere raccontata perché giustizia venga fatta e verità venga restituita alle anime volate in cielo nei mesi di questo assurdo viaggio chiamato pandemia.
E a raccontare di un duplice dolore è Eleonora Coletta, avvocato pubblico, professore a contratto di Diritto del lavoro all’Universita’ di Bari.
Legale per 15 anni dell’ASL di Taranto.
Vicepresidente del comitato ” Verità e Giustizia vittime Covid Moscati di Taranto -per non dimenticare”.
Dimenticare?
No, Eleonora non può dimenticare cio che è accaduto.
Per questo, con il coraggio di chi ha tanto amato e con la forza di chi è stata tanto amata, ha scritto un libro, edito da Cantagalli, ” CANALE TERMINALE” , un libro in cui denuncia la realtà atroce della sanità italiana che è stata costretta a vivere sulla propria pelle e su quella dei suoi cari.
Questo libro, che si legge col cuore intrappolato in mille dolori, è il viaggio nell’inferno del Covid nell’ospedale S. G. Moscati di Taranto e racconta di mancanza di attrezzature mediche, cartelle cliniche inesistenti, terapie errate, reparti di fortuna, sistemazioni improvvisate e precarie, posti letto ” arrangiati”, bagni inaccessibili e poveri pazienti abbandonati tra i loro stessi escrementi.
Si, è un libro duro come un pugno nello stomaco, come uno sputo in faccia.
È una lettura che ti fa provare rabbia e poi rabbia e poi ancora rabbia.
Dimenticare?
No, Eleonora, vedova di malasanità, non può dimenticare.
Perché ha elemosinato notizie dei suoi cari, lei come tanti parenti di pazienti covid in quell’ospedale.
Un viaggio all’inferno dove sono scomparsi gli oggetti posseduti dai pazienti, smarriti o rubati, oggetti cari a chi ha perduto tutto, dove persone sono state trattate senza umanità, vessate, umiliate, dimenticate, abbandonate, in un letto o si una sedia, a morire soli dopo aver chiesto acqua o un piccolo aiuto.
Fantasmi.
Storie di malati in via di guarigione morti per infezioni contratte in ospedale spesso antibiotico resistenti e di malasanità diffusa .
Un ospedale divenuto un non luogo di cura ma un binario morto su cui, attraverso il canale terminale, la rianimazione così era definita, sono arrivati in centinaia a morire da soli.
Eleonora il 16 marzo 2021 ha perso Dario Maniglia, suo marito, e durante il suo funerale ha perso suo padre, Francesco Coletta, il 18 marzo, due giorni dopo.
Reggere questo dramma è impossibile.
Raccontarlo è un bisogno perché il mostro per non divorarci dentro ha bisogno di essere gettato fuori dallo stomaco, dall’anima, avvelenata dal sapere che Dario e Francesco li ha contagiati lei, lei che dal Covid era guarita, e che ha spinto fiduciosa in ospedale i suoi cari.
Il libro è anche una inchiesta e racconta storie di altre persone che hanno perso la vita in quell’ospedale.
Leggerlo è un dovere per non dimenticare e pretendere giustizia per anime volate via quando non era il loro momento.
Eleonora conclude questo meraviglioso percorso di vita, in cui di amore si parla proprio perché strappato dal cuore, che generosamente ha donato a chi legge, con diversi perché:
” Perché non ho gridato , spaccando tutto per riportarti a casa? Perché ho lasciato che ti portassero in quell’inferno? Perché?”
Eleonora ha ricevuto mille porte in faccia quando ha tentato di avere delle risposte, poi , per amore della verità, ha raccolto le lacrime dei molti che , come lei, hanno perduto tutto.
E l’ha fatto con coraggio e dignità.
In questo libro ci sono molti nomi e tanti pezzi di vita.
A livello personale, aggiungo un nome che mi è caro, di una vita finita per Covid, nella malasanità italiana , pugliese, tarantina.
Donato, come Dario e Francesco, morti rubate.
Rubate a chi li ha tanto amati e che non possono dimenticare.
Eleonora scrive a suo padre dicendo “Scusami papà” , ma a chiedere scusa a Francesco, suo padre, a Dario, suo marito e a Donato, amico mio, siamo tutti noi, forse colpevoli di non parlare quando vediamo qualcosa che non va, ma mai quanto chi, pagato profumatamente, ha permesso tutto questo.
S.G Moscati si iscrisse alla facoltà di medicina unicamente per ” lenire il dolore dei sofferenti”. Si prendeva cura dei corpi dei più poveri senza ricevere compensi e delle loro anime si curava con estremo amore.
Era un esempio di vita e di umiltà al servizio dei malati.
L’ospedale in cui hanno perso la vita Francesco e Dario porta il suo nome, oggi ,voglio dirlo con forza, indegnamente.
Perché di santità in quell’ospedale non ve n’è traccia.


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