Il tandem Calenda-Renzi in briciole senza Draghi

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Affonda il Terzo polo. Il matrimonio politico tra Calenda e Renzi è durato poco: appena 8 mesi. Poi è finito male, malissimo. Prima i contrasti, poi le critiche, infine le accuse e perfino gli insulti.

Carlo Calenda ha rotto l’alleanza con Matteo Renzi con parole pesantissime. Il leader di Azione fa un paragone tra sé e il presidente di Italia Viva: «Non ho accettato soldi a titolo personale da nessuno, tantomeno da dittatori e autocrati stranieri». Cita senza nominarlo Renzi: «Non ero a Miami con il genero di Trump o in Arabia a prendere soldi dall’assassino di Khashoggi». Calenda però sorvola su un dato: ha sottoscritto l’accordo con Renzi nonostante fossero noti dai giornali gli spericolati incontri. L’accusato replica chiedendo «scusa a tutti gli amici che credono nel Riformismo e nel Terzo polo per l’indecoroso spettacolo».

L’alleanza tra Calenda e Renzi è stata difficile fin dall’inizio. Il patto per il Terzo polo è stato sottoscritto lo scorso agosto, ad appena pochi giorni dalle elezioni politiche del 25 settembre 2022. È nato da uno stato di necessità: Calenda faceva saltare l’intesa elettorale con il Pd di Enrico Letta “troppo spostato a sinistra” delineando il disegno del Terzo polo. Renzi si preparava ad affrontare il voto in solitaria (i sondaggi gli davano appena tra il 2%-3% dei consensi). Il tandem Calenda-Renzi puntava ad ottenere almeno il 10% dei voti in modo da costituire il baricentro della politica italiana, in modo da condizionare sia il destra-centro di Giorgia Meloni sia il centro-sinistra di Letta. Invece un deludente 7,8% dei voti comincia a far traballare tutto. Infine va in frantumi anche il progetto di tramutarlo in un solo partito, fondendo Azione e Italia viva.

Calenda e Renzi fanno tutto da soli: fallisce in buona parte per colpa loro il disegno di creare un nuovo partito centrista, riformista, liberaldemocratico, atlantista, europeista, avverso a ogni populismo. Per gli analisti e i commentatori i motivi del crack vanno ricercati nei caratteri troppo simili e fumantini dei due protagonisti: egocentrici, narcisisti, vanitosi. È difficile la convivenza di due galli nello stesso pollaio. I due personaggi sono facili alle rotture: Calenda passa da Scelta Civica con Monti al Pd per poi fondare Azione. Renzi scala prima il Pd, diventa segretario e presidente del Consiglio per poi rompere e creare Italia Viva. L’incarico a Calenda, ex ministro di Renzi, di pilotare il Terzo polo non ha certo fatto esultare l’ex presidente del Consiglio.

Ma affonda il Terzo polo ha anche una ragione politica: è mancato il decisivo apporto di Mario Draghi. Calenda e Renzi, grandi tifosi di Draghi, puntavano a creare un partito per l’ex premier ed ex presidente della Bce, un tecnico decisamente contrario a impantanarsi nelle paludi della politica italiana.

Alla vigilia delle elezioni politiche Calenda delineava la rotta: «Con un buon risultato terremo Draghi alla guida» dell’Italia. Renzi suonava la stessa musica: «Draghi dice di no ai giornalisti ma quando glielo chiederà il presidente della Repubblica sarà diverso». Tuttavia le elezioni politiche vanno male per il Terzo polo. La coalizione di destra-centro guidata da Giorgia Meloni stravince alle urne e ogni ipotesi di un governo Draghi bis di unità nazionale svanisce nel nulla. Affonda il Terzo polo anche se molti sia in Azione sia in Italia Viva si mobilitano per una difficilissima ricucitura. Mario Draghi si tiene lontano dalla politica e annuncia la volontà di fare solo il nonno. Almeno per ora.


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