Luca Ventre, l’italiano che non uscì con le proprie gambe dall’ambasciata di Montevideo

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E’ il 1 gennaio del 2021. A Montevideo, in Uruguay, Luca Ventre, un imprenditore di 35 anni italiano d’origine, nelle prime ore della mattina, scavalca il cancello ed entra nel cortile dell’Ambasciata italiana. Il giovane vi si era recato perché temeva per la sua incolumità (circostanze mai chiarite) e voleva chiedere di poter tornare in Italia. Luca ha con sé soltanto una borsa, nella quale saranno poi rinvenuti i documenti. Dopo aver cercato invano di farsi aprire decide di andare via. Quando sta per scavalcare nuovamente viene però bloccato da un poliziotto uruguaiano, di guardia all’Ambasciata, che lo spinge a terra. Qui il ragazzo resterà per circa 20 minuti, bloccato dalla stessa morsa che in America uccise George Floyd mobilitando il mondo intero. Luca all’inizio, pur con atteggiamento sottomesso, tenta di muoversi; poi, nulla più. Sarà trasportato esanime fuori dall’Ambasciata e la polizia lo porterà in ospedale dove sarà dichiarato morto poco dopo. Quanto accaduto quella mattina è stato dettagliatamente raccontato da un occhio di fatto infallibile: quello delle telecamere di videosorveglianza che la famiglia di Luca ha voluto subito visionare e i cui frame  hanno presto fatto il giro d’Italia.

La prima versione
Secondo quanto dichiarato dalla polizia locale Luca era agitato, si è  rivoltato contro l’agente che, assieme ad un collega, lo ha bloccato fisicamente fino a che poi non è stato trasportato al pronto soccorso dove, sempre a causa dell’eccessiva agitazione di Luca, gli sarebbe stato iniettato un calmante che, invece, ne avrebbe causato l’arresto cardiaco. Questa è la prima versione ufficiale. Il padre di Luca, Mario Ventre (che vive in Uruguay)  viene a sapere che il figlio è ferito e in ospedale solo dopo circa 7 ore dall’accaduto. Ma non è né l’ambasciata, né la polizia a comunicarglielo: è una telefonata anonima partita da una scheda che risulterà inattiva subito dopo. Quando il padre arriva in ospedale Luca non è ferito ma è morto. Secondo un medico con cui la famiglia ha parlato, già alle 8 di quella mattina Luca era privo di vita.
Le autopsie
Sul corpo di Luca sono state effettuate due autopsie, che hanno dato esiti completamente discordanti. La prima in Uruguay, quella effettuata subito dopo la sua morte, e secondo la quale Luca era morto a causa della somministrazione di medicinali che, assieme all’uso di droga (Luca Ventre, nei mesi, verrà dipinto in maniera diffamatoria come ‘’terrorista’’, ‘’violento’’, ‘’drogato’’)  gli avrebbero provocato l’arresto cardiaco. Nel frattempo la Procura di Roma apre un fascicolo su quanto accaduto. Quando, nel mese di marzo, la salma di Luca tornerà in Italia, su di essa sarà effettuata una seconda autopsia che sancirà come la morte del ragazzo sia avvenuta per strangolamento.

La richiesta di archiviazione
“Malgrado gli elementi probatori siano idonei a parere di questo ufficio a sostenere in giudizio la responsabilità dell’indagato (il poliziotto, ndr)  per il delitto in esame non risulta, almeno allo stato, nel nostro ordinamento procedibile per assenza dell’indagato sul territorio nazionale”. È la conclusione cui è giunto il pm Sergio Colaiocco nel motivare la richiesta di archiviazione al Gip del tribunale di Roma nei confronti di Dos Santos Ruiz Ruben Eduardo, l’agente in servizio presso l’Ambasciata di Montevideo nei confronti del quale era stato aperto un fascicolo per omicidio preterintenzionale per la morte di Luca.
Le domande senza risposta
Luca è morto in ospedale, come ha detto la polizia? Perché il medico dice alla famiglia che Luca era già morto nel suo cambio turno, alle 8? E se dai video si vede benissimo che aveva perso i sensi già all’interno dell’ambasciata, perché la polizia ha detto che si era eccessivamente agitato? Perché nessuno ha comunicato ufficialmente alla famiglia che Luca era stato trasportato in ospedale?
Da chi stava scappando Luca? Perché, alle 7 del mattino del 1 gennaio, si è catapultato in ambasciata per chiedere aiuto? Perché l’ambasciata italiana, che è suolo italiano, era controllata da un poliziotto uruguayano?
La famiglia di Luca continuerà a lottare per avere giustizia.
(Nella foto in basso Luca Ventre)


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