Cucine popolari economiche di Padova, da 140 anni testimonianza di una città inclusiva possibile

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Aver cura degli altri e insieme di se stessi. Da 140 anni. Oltre le guerre, oltre le crisi, oltre le fedi, oltre i confini. Un traguardo che le Cucine economiche popolari (Cep) di Padova decidono di festeggiare stimolando una riflessione che coinvolge tutti gli stakeholder in campo. Già perché quando si parla di cura tutte e tutti siamo coinvolti, le istituzioni religiose, civili, culturali militari e pure i residenti. Tante le voci che si sono misurate sul concetto di “sofferenza urbana” e sulla declinazione sempre più complessa di “vulnerabilità”.

Quale spazio migliore dell’università di Padova, per eccellenza luogo della conoscenza e, in questo caso, della ri-conoscenza? Una giornata intera, quella di sabato 17 dicembre, trascorsa in un dialogo continuo e costruttivo con i diversi soggetti chiamati a fare rete per la costruzione di una città, di una società inclusiva. E non poteva che essere la professoressa Laura Nota, già prorettrice Unipd all’Inclusione, la spinta propulsiva per questo evento – patrocinato anche da Fnsi, Sindacato giornalisti Veneto, Ucsi, Articolo 21 – e che si inserisce nel programma per 140 anni delle Cep, dal 2017, per desiderio del vescovo patavino mons. Claudio Cipolla, confluite nella Fondazione Nervo Pasini, con l’obiettivo di «coinvolgere le realtà parrocchiali, religiose, sociali, e del mondo economico» e di sensibilizzare ai temi della povertà «affinché ogni persona in difficoltà non si trovi sola, ma senta che qui c’è una comunità che nel suo insieme se ne fa carico».

Coraggio

Una dichiarazione d’intenti coraggiosa e per certi versi rivoluzionaria – di fronte a una platea di oltre 300 persone in presenza e on line – in un tempo in cui la povertà viene strumentalizzata da più parti. Lo ribadisce in apertura dei lavori lo stesso capo della Diocesi di Padova ricordando cosa sono e cosa fanno le Cep da quando nel 1882 una donna, la signora Stefania Ezterodt Omboni, le fondò dopo una disastrosa alluvione. «Stiamo andando avanti o no? Le Cucine nascono da una donna che non era cattolica e sono riuscite a mantenere una presenza forte come risposta a domande che si sono modificate nel tempo, dalle calamità naturali, all’immigrazione, ai cambiamenti nella vulnerabilità. Il passaggio alla Fondazione – chiarisce

Mons. Cipolla – lo si è fatto per dare ancor più concretezza e cercare alleanze. Lo sguardo è passato dal singolo volto della persone vive la sua sofferenza, allo sguardo macro della società,  intesa come un corpo, come un soggetto. Ci chiediamo che volto ha Padova in ordine all’inclusione, a una presa in cura delle persone? Il dialogo fa crescere non per difenderci dai problemi, bensì per fare e il fare porta alla riflessione sulla solidarietà, sul disagio, sulle politiche sociali. Di qui il nostro impegno a creare testimonianza,  per dare risposte e per cambiare cultura partendo dalle persone che stanno peggio perché il rischio dell’eccellenza è quello di provocare esclusione. Grazie all’università per camminare con noi, non per fare un’esperienza della chiesa ma che partendo dalla chiesa sa arricchire una società intera».

Comune e Università

A delineare la prospettiva inclusiva del Comune è l’assessora Margherita Colonnello che esalta e valorizza il mondo del volontariato sottolineando che «il problema degli ultimi non è solo degli operatori» e ammonendo che serve superare la modalità della delega, anche nella struttura amministrativa, «perché sta a significare che qualcun altro se ne occupa e io no. Invece l’inclusione va perseguita in tutti i settori al di là di quello del Sociale all’insegna di un welfare generativo».

Mentre il professor Egidio Robustodirettore del Dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (Fisspa, Unipd) cementa l’alleanza far Cep e Ateneo: «L’università fa formazione, ricerca-azione e ha anche un ambito importante che è la terza missione ovvero il trasferimento a livello sociale delle esperienze per cocostruire traiettorie condivise».

Rilancia Mirella Zambellopresidente regionale dell’Ordine degli assistenti sociali, la quale invita a lavorare proprio nell’ottica della coprogettazione, della coprogrammazione invitando gli enti pubblici «a collaborare e non solo a fare appalti in un contesto in cui le persone sono lontane anche dai loro stessi diritti».

Stato e Volontariato

La chiave di volta per affrontare la sofferenza urbana è nelle relazioni positive fra le istituzioni. Lo dice il prefetto della Città del Santo, Raffaele Grassi, che ragiona sulla valenza sociale della sicurezza, nel momento in cui la marginalità può produrre effetti sull’ordine pubblico e indica la strada della “sicurezza integrata” e spiega «presuppone la collaborazione di ognuno nei rispettivi ruoli e con le relative responsabilità». Grassi è chiaro e si rivolge anche ai vertici provinciali della Finanza, dei Carabinieri e della Polizia di stato che sono in platea: «Ci deve essere il bene comune nella predefinizione degli interventi. Il condizionamento nella sicurezza è sempre dietro l’angolo e non è accettabile».

Infine a portarci dentro le Cep è la direttrice, suor Albina Zandonà, insistendo sull’atteggiamento di servizio che accompagna l’attività, dal cibo, alle docce, al vestiario, all’assistenza medica e legale, al fermo posta.  Sono circa 450 pasti al giorno quelli serviti nella sede di via Tommaseo a Padova, con il lavoro di più di cento volontari: «Cerchiamo di accogliere con benevolenza, dando da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, facendo sentire viva la comunità di cui tutti, nessuno escluso, sono, siamo parte integrante».

Aggiungi tanti posti a tavola

Al termine un momento conviviale nel suo significato etimologico di con-vivere, vivere insieme. Le studentesse e gli studenti del corso alberghiero dell’Enaip di Padova allestiscono e servono il buffet. Le pietanze le hanno preparate con il cibo messo a disposizione dalle Cep: loro ci hanno messo passione, fantasia e sì pure le nozioni culinarie apprese in quello che è il personale percorso di apprendimento di un mestiere, cuoco, direttore di sala, cameriere, chef de rang…

«Si tratta di una importante tappa formativa – spiega entusiasta la direttrice Enaip Roberta Callegaro – sia dal punto di vista didattico che umano, che gli ha permesso di condividere un progetto di inclusione che passa dalla e per la cucina intesa come laboratorio


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