Chi ha paura dell'”ivoriano” Aboubakar Soumahoro in questa campagna elettorale già piena di razzismo

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Certe volte il razzismo sta dentro un solo vocabolo o in un accento, nelle frasi buttate a caso come fossero normali e che, invece, sono molto anomale. Da anni Articolo 21 porta avanti una campagna condivisa con molte altre realtà sull’uso delle parole, principio cardine della Carta di Assisi, donata nei giorni scorsi anche dal Cardinale Matteo Zuppi. Eppure il linguaggio violento si avvia a diventare la cifra della campagna elettorale, purtroppo utilizzato anche da alcuni organi di informazione. L’ultimo esempio, solo in ordine cronologico, ha riguardato Aboubakar Soumahoro, il sociologo che si candida alle politiche con Sinistra Italiana e Verdi. E’ di origini ivoriane. Ciascuno di noi ha una qualche origine, un qualche orientamento, un qualche ruolo e non per questo finisce dentro al titolo di un articolo di politica. Invece il quotidiano “Libero” ha titolato: “La sinistra imbarca la Cucchi e l’ivoriano”. Il senso dispregiativo è evidente. Il razzismo pure. Elegante, seppure piccata, la risposta in un  post che Aboubakar Soumahoro ha scritto rivolgendosi al direttore del quotidiano, Alessandro Sallusti.

“Mi chiamo Aboubakar Soumahoro e non ‘l’ivoriano’. Sono felicemente un italiano di origine ivoriana, laureato in sociologia, che lotta da 20 anni per i diritti civili e per i diritti sociali di tutte e tutti, senza distinzione. Sono un attivista socio-sindacale che ha deciso di mettere la propria esistenza al servizio della vita delle persone, per essere uno strumento di lotta per la giustizia sociale ed ambientale, perché ho l’intima convinzione che ogni essere umano (indipendentemente dal colore della pelle, dalla provenienza geografica, dall’orientamento sessuale e dal credo religioso debba avere l’opportunità di ambire alla felicità e all’accesso a cibo e beni materiali necessari per il corpo, la cultura e all’educazione indispensabili all’anima, e la libertà e della dignità vitali per lo spirito. Da attivista socio-sindacale, lotto con determinazione per i diritti civili, perché ho la profonda convinzione che l’ingiustizia del razzismo e della stigmatizzazione (che discrimina la singolarità degli esseri umani, erroneamente e ingenerosamente chiamati “diversi”) debba essere combattuta perché nessuna persona può essere considerata inferiore in base al colore della pelle, della provenienza geografica, della classe sociale, dell’orientamento sessuale o per la sua fede. Nella certezza che Lei condivida questi ideali e principi fondanti della nostra umanità nonché della nostra Carta costituzionale, Le invio, Gentile Direttore di Libero, Dottore Alessandro Sallusti, le espressioni della mia sincera considerazione”.
Questa vicenda rimette, tutti insieme, al centro della campagna elettorale una serie di nodi: il rispetto dell’altro, l’uso delle parole, la distanza che ancora esiste tra le diverse classi sociali e quella malefica spocchia con vengono guardate talune campagne per  i diritti civili. Il “problema” di Aboubakar Soumahoro per alcuni non è tanto e solo il colore della sua pelle, piuttosto pesa il fatto che sia un sindacalista, che parli di pari dignità tra le persone e che, in definitiva, smentisca la retorica che sei sei nero sei, automaticamente, anche un clandestino, quasi di sicuro un delinquente.


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