Giornalisti assassinati, la vergogna di chi resta in silenzio        

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Neppure l’’impegno per documentare un’azione umanitaria ferma gli assassini mascherati da uomini in assetto di guerra. Così è morto il giovane collega free lance francese Frederic Leclerc Imhoff, di soli 32 anni. Era a bordo di un mezzo militare che avrebbe dovuto favorire l’evacuazione di un certo numero di civili dalla regione di Sievierodonetsk zona quasi totalmente sotto il controllo russo. Una granata ha incendiato il mezzo blindato e una scheggia lo ha ucciso. Tutto questo a sei giorni di distanza dall’ottavo anniversario dell’assassinio del giornalista-fotografo Andrea Rocchelli ferito a morte, mentre svolgeva il suo lavoro di documentazione nel Donbass, dal fuoco di miliziani Ucraini. Ieri, forse, i russi, otto anni fa gli Ucraini. Così come, pochi giorni fa, era successo a Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa da un soldato israeliano e alla quale non venne risparmiato neppure l’oltraggio dell’aggressione al suo funerale da parte di poliziotti israeliani. E che dire della vergognosa condotta delle autorità egiziane nei confronti dei familiari di Giulio Regeni i quali, per di più, devono assistere impotenti alla proposta di avere in Italia, come ambasciatore, il portavoce del presidente Al Sisi, uno dei principali depistatori dell’inchiesta?

Senza i familiari di Rocchelli, senza i familiari di Giulio, senza gli amici e i colleghi di Patrick Zaki, che fine farebbero quelle storie drammatiche? Triturate nell’infernale macchina dell’oblio, quasi danni collaterali di rapporti che si reggono su altri interessi, non su quelli del rispetto dei diritti dei cittadini.

Per tutte queste ragioni non è solo un appello forte emotivamente, ma politicamente significativo il duro monito lanciato ieri dai microfoni di Spotlight di Rai New 24 dal presidente della FNSI Beppe Giulietti (lo si trova integralmente online). Se davvero le istituzioni credono nei diritti proclamati dalla Costituzione perché non chiedono al governo Ucraino – al quale si rinnova quotidianamente il sostegno – di far seguire giustizia alla verità già accertata dai tribunali sui militari che uccisero Andrea Rocchelli? E perché il governo italiano dovrebbe dare passivamente il gradimento al nuovo ambasciatore che ci viene inviato dall’Egitto? E perché, viene da chiedersi, su tutte queste tragedie non esiste la voce di un organismo internazionale che tuteli chi opera per la verità, per dare luce a omicidi, delitti di mafia, corruzione che sconvolgono tante parti del mondo?

In tre mesi, dall’inizio dell’invasione russa, in Ucraina sono già morti 8 giornalisti – riferisce ‘Reporters sans frontières’ –, nove sono rimasti feriti più o meno gravemente, un numero imprecisato è stato rapito, segregato, a volte torturato. Perché deve alzarsi forte solo la voce delle organizzazioni democratiche dei giornalisti? Perché non diventa, questo problema, una delle questioni principali dell’affermazione della tutela della libertà? Possibile che l’unica cosa che si possa fare è urlare “vergogna” a chi si rende complice dell’accettare il buio su questioni scabrose?

E infine. Perché bombardare gli utenti televisivi con osceni spettacoli di propaganda su un’orribile, insensata tragedia, invece di cercare di spiegare, far capire, mostrare vere testimonianze di chi lavora sul campo, mentre si lascia pontificare chi è comodamente seduto in poltrone falsamente rigide? E perché tante altre tragedie dell’Umanità vengono tenute rigidamente nascoste?


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