Desmond Tutu e non solo

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L’arcivescovo Desmond Tutu se ne va, all’età di novant’anni, con il suo carico di bellezza interiore, di speranza e di utopia. È stato, insieme a Mandela, il fondatore della Nazione arcobaleno, il nuovo Sudafrica post-apartheid, in cui si scelse la via della conciliazione e del reciproco riconoscimento anziché la strada disumana e feroce della vendetta. Premio Nobel per la Pace nel 1984, non ha mai smesso di battersi per la dignità dell’Africa, denunciandone problemi e contraddizioni, ponendo l’Occidente di fronte alle proprie colpe e alle proprie innumerevoli responsabilità e battendosi affinché il futuro potesse essere diverso e migliore per la collettività. Ci lascia, dunque, un gigante, un simbolo del Novecento e un punto di riferimento per tutti coloro che non accettano la crudeltà di una fase storica priva di esempi e senza più alcun simbolo in grado di tenere insieme un’idea di dignità e di giustizia, nel degrado complessivo delle leadership globali e mentre si discute nuovamente sull’avvenire di un continente abbandonato a se stesso e nel quale stanno fiorendo le varianti che potrebbero rendere assai più difficile la fuoriuscita dalla pandemia.
Desmond Tutu, tuttavia, non è il solo personaggio che merita di essere ricordato in quest’ultimo scampolo del 2021. Dieci anni fa, infatti, ci diceva addio Giorgio Bocca, uno dei più grandi giornalisti italiani, già partigiano, testimone del tempo, aspro, polemico, burbero, sempre in lotta contro il potere e anche per questo in grado di intercettare gli umori dell’Italia profonda. Forse eccessivamente nordista, a tratti persino leghista, con una visione del Sud che non sempre rendeva onore a terre meravigliose ma ricche di problemi, mai banale e nemico giurato di ogni conformismo, ci manca eccome il suo punto di vista sempre controcorrente e mai disposto a confondersi col coro.
Cinquant’anni fa, volendo riprendere il discorso iniziale, usciva infine “Happy Christmas (War is over)”, l’inno natalizio di John Lennon e Yōko Ono, destinato a diventare famoso in tutto il mondo, un’icona del pacifismo e un grido collettivo contro ogni guerra.
Desmond Tutu e John Lennon erano animati dallo stesso sogno globale di non vedere più alcuna violenza, di liberarsi di ogni conflitto, di sconfiggere il male e di veder trionfare la bellezza dell’incontro sulla barbarie dello scontro. Giorgio Bocca coltivava questi ideali fin dalla gioventù, quando era salito sui monti della Resistenza per combattere il nazi-fascismo e restituire all’Italia libertà e democrazia.
Ricordarli insieme, mettendone in evidenza la grandezza e lo spirito indomito, è un buon modo per riflettere sulla complessità del mondo ma anche su quanto determinate sfide riguardino tutti noi, nessuno escluso, magari in forme diverse, perché diversi sono i contesti, ma senza mai perdere di vista l’universalità di una lotta contro le ingiustizie che o non ha frontiere o è funzionale al mantenimento dello stato delle cose, ossia di un sistema drammaticamente violento e penalizzante per tutti coloro che di un’altra idea di mondo, di società e di futuro ne hanno sempre più bisogno.

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