Mafia e siccità. A chi giova la distruzione dell’agricoltura siciliana

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Nel limpido e torbido “Chinatown” di Polansky un boss mafioso degli acquedotti, nella Los Angeles anni ‘30, disperdeva nel Pacifico milioni di metri cubi d’acqua, per aumentarne il prezzo e gestire i necessari appalti. Oggi in California non c’è carenza idrica, anche se L.A. è nel deserto.

Oggi in Sicilia invece si disperde la quasi totalità delle acque dolci che piovono sul suo territorio: le dighe sono in gran parte interrate, l’acqua raccolta non raggiunge le coltivazioni; le acque piovane raccolte vanno direttamente a mare; le acque potabili si disperdono per circa il 70%; le acque reflue non vengono riutilizzate, nei rari depuratoti funzionanti. P.Q.M. paghiamo salate sanzioni UE.

Per tentare di risolvere uno dei precedenti problemi, la Regione siciliana aveva predisposto alcuni progetti per il rifacimento di condotte idriche ad uso agricolo. Puntualmente i progetti sono stati bocciati dal Ministero “competente”. La pantomima tra Stato e Regione pare avvalorata da alcune incongruenze, come quella, riferita da un blog, di un commissario regionale che “validava” (o valicava?) lo stesso giorno tre progetti, con sopralluoghi in siti distanti centinaia di chilometri.

Di chiunque sia la colpa per la bocciatura dei progetti, quello che conta è il risultato:  l’ulteriore distruzione dell’agricoltura siciliana, che, dopo la concorrenza nordafricana, la siccità e il covid , con questa mazzata obbligherà alla vendita centinaia di migliaia di aziende, già molto indebitate. Non ci vuole tanta fantasia per capire chi saranno gli acquirenti. Nella triste vicenda dei progetti bocciati, permettetemi la citazione latina: “cui prodest?” (a chi giova?). Risposta: al tttrrrafffico!


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