Da Steve Jobs a Giorgio Parisi, la semplicità dei geni

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Dieci anni fa ci diceva addio Steve Jobs, indubbiamente un genio che guardava al futuro e sapeva costruirlo con la lungimiranza visionaria propria di coloro che hanno cambiato la storia del mondo. E senz’altro Jobs ha rivoluzionato il nostro stare insieme, realizzando cellulari e tablet che hanno segnato un’epoca e guidato l’umanità verso nuovi orizzonti, regalandoci la possibilità di esprimere i nostri pensieri in ogni istante, di essere sempre connessi e di vivere in una contemporaneità diversa rispetto al passato. Certo, quest’immediatezza ha anche degli aspetti controversi, ma nessuno di noi, diciamoci la verità, sarebbe disposto a tornare indietro. Il punto è come far convivere diritti umani, dignità della persona, progresso, rispetto per il prossimo e sguardo al domani, quello delle nuove generazioni. Perché le nostre lotte per l’ambiente, tanto per fare un esenpio, hanno bisogno di questa comunicazione immediata, di questi nuovi spazi di libertà, di questo mondo a rete, di questa società intricata e complessa, di questa sfida continua con noi stessi e con gli altri; l’importante è non essere sovrastati dagli algoritmi e non piegarci alla logica miserevole del profitto a tutti i costi. E Steve Jobs, affamato e folle, aveva ben presente questo tema: anche per questo ne avvertiamo la mancanza e il bisogno, come avvertiamo l’assenza della sua dirompente modernità e della sua proiezione verso il domani.
Sono gli stessi principî che animano il professor Giorgio Parisi, fisico, premio Nobel, ma soprattutto uomo di scienza profondamente innamorato di un’idea di umanità. Un compagno vero, un uomo meraviglioso, un docente che si batte da sempre per la dignità della ricerca, dalla parte degli studenti, contro i tagli e l’oppressione delle lobby, un amante della complessità che sa vivere la propria dimensione di esperto con leggerezza. Giorgio Parisi danza sulla conoscenza con la levità calviniana delle sue parole, del suo continuo scherzare, del suo saper ridere di sé, del suo non prendersi mai troppo sul serio, del suo amare le nuove generazioni e del suo preoccuparsi per il loro avvenire.
Ha ricevuto il Nobel per “la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria”. Le sue scoperte sono considerate “tra i contributi più importanti alla teoria dei sistemi complessi”. Ha osservato gli uccelli e il loro volo: per studio e per passione. Ha cercato di comprendere e di capire, si è posto mille domande, non si è mai arreso e il suo riconoscimento è stato accolto da consensi unanimi e da una sorta di tifo da stadio, a cominciare dai suoi studenti, a dimostrazione di quanta bellezza, gentilezza e sapere abbia seminato quest’uomo nella comunità. La sua disarmante semplicità è la sua più grande forza. Complimenti, professor Parisi! E grazie per l’orgoglio che ha regalato a tutti noi.

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