Roma, referendum su Raggi e Conte

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Referendum sulla Raggi. Nella vita può capitare di tutto: anche fallire il bis a sindaco di Roma dopo una trionfale prima elezione. Già perché nel 2016 Virginia Raggi espugnò il Campidoglio con il 67% dei voti, infliggendo una umiliante sconfitta a Roberto Giachetti, Pd. Conquistò la maggioranza assoluta nell’assemblea capitolina con la possibilità di fare ciò che voleva.

Oggi la sindaca della capitale potrebbe fare da battistrada al disfacimento del M5S (i sondaggi elettorali nazionali puniscono i grillini con il dimezzamento dei voti rispetto al 32% conquistato nelle elezioni politiche del 2018). Invece cinque anni fa la Raggi fu l’anticipatrice del boom dei cinquestelle.

L’onda grillina si è appiattita: le promesse populiste fatte dall’opposizione anti sistema non sono state mantenute. Non ha pagato l’attività di governo a livello nazionale e a livello romano. Gli elettori italiani sono rimasti delusi dal governo Conte uno (con la Lega) e dal Conte due (con il Pd).

Ma i cittadini romani sono rimasti delusi anche, e soprattutto, dal mancato rinnovamento e rilancio della metropoli. I servizi pubblici essenziali della città eterna sono perfino peggiorati rispetto all’era ante Raggi: i rifiuti straripano dai cassonetti, gli autobus passano con forti ritardi e vanno a fuoco, i parchi e i giardini sono scarsamente curati e ogni tanto vedono crollare un albero, le vie sono piene di buche e sono invase dall’acqua ad ogni temporale perché i tombini sono intasati di detriti.

I servizi pubblici deficitari e il degrado urbano hanno spinto molte grandi aziende ad emigrare a Milano o all’estero. La crisi economica già forte sì è ulteriormente aggravata con il Coronavirus e la scomparsa dei turisti che solo adesso si riaffacciano timidamente tra i monumenti e i capolavori d’arte della città eterna. Una delle pochissime novità è il potenziamento delle piste ciclabili, costruite in fretta e furia negli ultimi mesi senza adeguate misure di protezione (di qui i pericolosi incidenti purtroppo anche mortali).

Virginia Raggi ha paragonato Roma a una Ferrari: «Quando sono arrivata era ferma, poi l’ho ricostruita e ora dobbiamo farla correre». L’ardita affermazione non solo non è piaciuta agli oltre dieci candidati sindaci della capitale ma anche a gran parte dei cittadini interessati alle elezioni per il comune di Roma del 3 e 4 ottobre. Tutti i sondaggi sui servizi pubblici della capitale d’Italia bocciano le scarse prestazioni. Tutti i competitori attaccano il primo mandato della sindaca grillina. È di fatto un referendum sulla Raggi, una impostazione che potrebbe favorirla.

Manca un’idea di ricostruzione e di sviluppo di Roma. Manca e, comunque, non è emerso finora sia per la Raggi sia per i suoi tre principali competitori: Enrico Michetti (centro-destra), Roberto Gualtieri (centro-sinistra), Carlo Calenda (centristi). I partiti non hanno tirato fuori i grandi nomi per il Campidoglio (Giorgia Meloni per il centro-destra e Nicola Zingaretti per il centro-sinistra si sono chiamati fuori). I sondaggi danno Michetti in testa, la Raggi e Gualtieri in lotta per il secondo posto. Ma, a sorpresa, Calenda potrebbe piazzarsi anche al secondo posto. E allora sarebbe l’ex ministro dello Sviluppo economico a duellare nel ballottaggio per sindaco con Michetti. E questa sarebbe una ipotesi sciagurata sia per Giuseppe Conte (neo presidente del M5S) sia per Enrico Letta (da pochi mesi segretario del Pd).

Il referendum sulla Raggi e su Conte è, in sostanza, sulla metamorfosi dei cinquestelle da movimento antagonista d’opposizione a forza di governo. C’è ancora un mese di tempo per tentare di convincere gli elettori, finora c’è stata una campagna elettorale molto sotto tono.


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