Riflessi: simboli e significati tra specchio e immersione

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Entriamo in un ambiente semibuio, un oggetto di uso comune è sistemato di fronte alla sua immagine riprodotta in un monitor.  Siamo in uno spazio abitato da schermi che riflettono le cose, creando una relazione tra il luogo della visione e ciò che sta fuori di essa, nella realtà: un bollitore, una scarpa, una pianta. Ferme là dove sono state posizionate queste “cose” si muovono, prendono vita grazie alla luce che riflette la loro forma. La superficie del monitor restituisce la ripresa video che di esse è stata fatta, in un cortocircuito tra reale e immaginario.

Questa videoambientazione di Studio Azzurro, realizzata a Milano nel 1982, ci pone ancor oggi di fronte a interrogativi sottili: perché il lucido riflesso dello specchio ci attrae? Quali sono le ragioni per le quali la realtà immersiva è sempre più presente nelle ricerche sul contemporaneo?

Nel mito ellenico di Narciso si trova una risposta. Oltre al significato morale del racconto, l’antico mistero dello specchiamento si basa sul riflesso: ciò che in fisica ritorna e che, figurativamente, ci restituisce noi stessi.

La nostra immagine ci riflette e ci porta a riflettere su chi siamo, cosa desideriamo, come vogliamo vederci. Questo nucleo intriso di desiderio e rispecchiamento, appunto, tra noi e l’altro – che non è diverso da noi – è il cuore di quella ricerca contemporanea che spinge sempre più in là il confine tra noi e l’altro di noi.

Immergersi non è possibile fisicamente se abbiamo di fronte una superficie, a meno che essa scompaia o divenga così permeabile, così immersiva da consentirci una totale perdita di limite, di confine, da permetterci una assoluta compenetrazione.

Quando Narciso immerge il suo volto nello specchio dell’acqua, si riconosce. Riconosce bellezza, gioventù, stupore. Si perde. Si ama a tal punto da rinunciare a se stesso, lasciando al suo posto un unico splendido fiore.

https://www.studioazzurro.com/opere/luci-di-inganni/

https://vimeo.com/34787534


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