Il coraggio di Blanche: racconto di metamorfosi e di dolorosa presa di coscienza

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Per la naturalezza dei dialoghi, aderenti ai tic del quotidiano, la freschezza delle immagini e dei suoni, venati di dolce malinconia, all’inizio il film sembra un brioso e romantico gioco dei sentimenti alla Rohmer, che ci riporta a una Nouvelle Vague con qualche eco giocosa, danzante e cantante di vaudeville.
Presto si capisce che siamo in mezzo a tutt’altro.
Il primo indizio lo percepiamo nella struttura narrativa. Si tratta di una donna, volto pallido, sguardo smarrito nel vuoto, tono della voce uniforme, che racconta a frasi spezzettate una storia, la storia del film, la sua storia, a un’altra donna che all’inizio sembra la sua psicoanalista ma poi scopriamo essere il suo avvocato.
Che cosa le è successo?
Una risposta chiara e definita la riceviamo solo alla fine.
Nel mezzo, cioè nel corso del film, assistiamo a un processo che è una lenta, implacabile discesa agli inferi, come se i protagonisti si immergessero senza rendersene conto e senza che noi spettatori ce ne rendiamo subito conto, in una palude di sabbie mobili. Un processo così profondo che più che un cambiamento determina una metamorfosi. È una metamorfosi dell’atmosfera del film che da giocosa e nostalgica diventa paludosa e angosciata. È la metamorfosi dei due protagonisti, due giovani, una donna e un uomo. E sono bravi i due attori, Virginie Efira (Blanche e la sorella Rose) e Melvil Poupaud (Greg), a condurre questa metamorfosi senza esibirla melodrammaticamente, ma sorreggendola con misura, discrezione, enigmatica icasticità. In particolare lei, Virginie Efira, che riveste due parti e riesce a cambiare espressione del volto, postura del corpo, tono di voce, a seconda del personaggio e della situazione.

Lei, Blanche, forse dopo una storia finita male, malvolentieri accetta, spinta dalla sorella gemella a cui è molto legata, di prendere parte a una festa sul mare. Qui incontra Greg. Greg corteggia Blanche con garbata autoironia. Lei contraccambia. I due si piacciono, c’è molta tenerezza e complicità e va a finire che si sposano e hanno due figli. Un po’ di malinconia per gli anni che passano, un po’ di ruggine per la gelosia e l’apprensività del marito ma niente di grave, niente di eclatante, all’inizio. Lei fa l’insegnante di francese in un Liceo, lui fa l’impiegato di banca. Lei scopre per caso che Greg ha chiesto e ottenuto il trasferimento in una filiale lontana non perché sia stato obbligato ad accettare dalla banca, come le ha fatto intendere, ma perché è stato lui, Greg, a chiederlo per allontanare Blanche dalla madre e dalla sorella gemella di cui è geloso: dopo lo sconcerto iniziale e dopo un litigio in cui lui sembra arrendersi e voler ritornare sui propri passi, lei gli perdona la menzogna e i due rimangono nella nuova casa.
Non è che la prima di una lunga catena di capitolazioni e rinunce, sotto la quale lei perde la libertà e la commedia diventa quasi tragedia.
Quando la sorella le regala la macchina per andare al lavoro, il marito comincia ad accusare la moglie di spendere troppo. La costringe a mostrare tutti gli scontrini della spesa. Diventa fiscale: «Facevo la spesa con in testa la calcolatrice», Blanche spiega al suo avvocato. Le controlla le lettere che scrive alla sorella, le telefona a scuola durante le lezioni, arriva a inseguirla e posteggiare sotto l’aula dove insegna, per sorvegliarla anche durante le ore di lavoro.

La sua gelosia è diventata psicosi ed è un crescendo senza fine. Una sera lei ritorna da scuola e trova i figli terrorizzati, nascosti sotto le coperte del letto. Lui, più terrorizzato di loro, confessa in lacrime alla moglie che si è infuriato con i figli perché ha sentito alla radio un programma dove uno psichiatra spiegava quei sintomi in cui lui riconosce il suo comportamento possessivo. La prega di non andarsene, come consigliava lo psichiatra, di non lasciarlo solo. La rimprovera di non amarlo perché gli ha permesso, senza che lui se ne accorgesse, di comportarsi così, cioè di essere diventato paranoico. A questo punto Blanche, paralizzata dalla paura, non vede una via d’uscita, si sente in trappola. Frequenta di nascosto siti online di appuntamenti. Ha un incontro con un uomo che vive in una foresta che sembra più un sogno che realtà. Rientra la sera e alla figlia che le chiede perché è ritornata tardi, dice che voleva solo respirare, prendere del tempo per sé. Il marito non accetta scuse, è furibondo. Lei dice di aver fatto una passeggiata nel bosco, lui non le crede. La accusa di tradimento, diventa violento. Nei giorni che seguono, a tratti sembra volersi mettere d’accordo, perdonare e farsi perdonare ma poi la sveglia in piena notte, la interroga finché lei non confessa.
Sono passati meno di dieci anni. I due personaggi senza accorgersene e senza quasi che noi non ce ne accorgiamo hanno subito una mutazione teratologica. Non sono più due giovani ingenui, ridenti e appassionati l’uno dell’altra. Sono diventati due maschere dello spavento. Lei della paura di lui, lui della vendetta su di lei.
Lei tenta il suicidio ingerendo una dose massiccia di paracetamolo. Viene ricoverata in ospedale, lui la tormenta anche lì, accusandola di essere un’irresponsabile. Quando Blanche ritorna a casa e gli palesa l’intenzione di divorziare, Greg tenta di strangolarla e quasi ci riesce. Si ferma all’ultimo momento vedendosi allo specchio.
Blanche, però, ha fatto in modo che i suoi figli avessero trovato rifugio dalla sorella e finalmente si rivolge a un avvocato per chiedere il divorzio e denunciare il marito per il tentato omicidio di cui porta sul collo evidenti tracce. Nel suo volto e nei suoi occhi, però, non c’è più il crepuscolo dell’angoscia: si è acceso il barlume della speranza.

È un film realista e visionario fatto di percezioni, di sguardi, di sussurri, di gesti, di cenni, anche di visioni e di silenzi più che di parole. I dialoghi sono succinti. Spesso si riducono a poche battute. Sembrano insignificanti, négligé ma emergono densi e affilati da quello e su quello che accade.
Ci sono primi piani dolorosi ma anche ricorsive immagini mentali, filtrate dal vissuto e dalla memoria, di marine e soprattutto di foreste, stormire di fronde, sciami mormoranti, macchie, scie sfocate, un verde smarginato di foglie, flussi forati da squarci di azzurro in fuga. Il tema della foresta, della natura, della libertà scivola via e ritorna ostinato.
C’è il tema inquietante ma anche salvifico del doppio: la sorella gemella, la propria immagine allo specchio, le scie, gli strascichi del passato, il vedersi vedere, il vedersi vivere.

Ci sono sottotraccia, nascoste nelle pieghe del lavoro di insegnante di lettere della protagonista, citazioni di Marivaux, Molière, Flaubert. C’è una lettura, poche righe, un paio di frasi emblematiche, di Madame Bovary di cui non si dice la fonte. Blanche sta leggendo un libro e pronuncia: a Emma tutto parve avvolto in un’atmosfera caliginosa che sembrava aleggiare sulle cose e l’angoscia sprofondava nel suo animo gemendo dolcemente. Ed è questa l’atmosfera che si respira in buona parte del film (tranne l’inizio). Un’atmosfera in cui le cose sembrano perdere i loro contorni, tracimare trainate da un’onda sotterranea ma incontenibile di angoscia e di insensatezza, sfuggire a se stesse per farci precipitare dolcemente ma inesorabilmente in un incubo autodistruttivo a cui, solo alla fine, una ragione dolorosa, un’istanza estrema di autodifesa femminile, predispone un argine adeguato.

Blanche sotto certi versi rammenta la rivolta di Emma Bovary. Anche lei tradisce il marito, sia pure una tantum, anche lei tenta il suicido ma, a differenza di Emma, senza riuscirci. È una Bovary dei nostri giorni munita di social?
Entrambe, Emma e Blanche, sono vittime ma in modo profondamente diverso. Emma risulta soprattutto essere vittima di se stessa, delle sue frustrazioni, delle sue distorte letture, delle sue aspirazioni velleitarie, oltre che di una società chiusa che non offriva alle donne opportunità o svaghi, soprattutto in provincia, al di fuori della cerchia domestica. Blanche no. È non meno isolata ma vive in un’altra epoca, in un altro contesto sociale e culturale.
Blanche, inoltre, è una e bina. Ha una sorella gemella che la capisce e l’aiuta. Lavora, frequenta colleghe e colleghi e ha degli allievi che la stimano: è una donna moderna, emancipata, fa l’insegnante ed è soprattutto vittima del marito e della sua metamorfosi in minotauro.
Si salva grazie al suo coraggio di donna piena di dubbi ma colta e consapevole.

IL CORAGGIO DI BLANCHE

Regia di Valérie Donzelli
Un film con Virginie Efira, Melvil Poupaud, Virginie Ledoyen, Dominique Reymond, Arthur Thunin.
Titolo originale: L’amour et les forêts
Genere Drammatico, Francia, 2023

Uscita nelle sale mercoledì 24 aprile 2024
Distribuzione: Movies Inspired

Il coraggio di Blanche: racconto di metamorfosi e di dolorosa presa di coscienza


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