Novant’anni di senso critico. “Il giornalismo si è avvicinato troppo al potere, con poche eccezioni. L’antifascismo ha lasciato varchi al fascismo”

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Nessuno sconto per il giornalismo che non fa domande, che si è avvicinato troppo al potere e, siccome il potere è fuoco, si è bruciato. A 90 anni Furio Colombo è quella bussola che ti orienta nel groviglio dell’informazione debordante che, paradossalmente, certe volte è tanto povera. Intervistarlo è una lezione di fine anno, o di inizio anno, alla vigilia del suo compleanno.

Parliamo dell’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere, dell’aumento dei giornalisti uccisi e minacciati, del caso Messico. Perché siamo a questo punto?
“Non stupiamoci del Messico perché vive un suo momento terribile, come il Medio Oriente o altri Paesi del mondo, dove statisticamente troviamo dati tremendi. Purtroppo la cosa più amara è che il giornalismo ha perso autorevolezza perché danneggiato dal tentativo di portarsi troppo vicino al potere. E così si è bruciato. Quella vicinanza ha tolto autorevolezza. Sento la mancanza della frase: “E’ la stampa, bellezza”. Oggi nessuno è in grado di pronunciare quella frase in Paesi che vorremmo prendere ad esempio o che pensano di poter essere da esempio a noi. Potrei dire che l’unico esempio può essere considerata la stampa americana, la quale ha resistito a Trump e ha messo ordine a quel suo modo di spargere notizie false. Oppure potrei citare la stampa Russa, dove si è corso il rischio di morire. Per il resto, purtroppo, la stampa è stata troppo complice, nel senso che ha pensato di praticare una ‘utile amicizia’ col potere. In Italia tutto questo è addirittura preventivo. Eppure, non credano gli altri Paesi di darci lezioni. Anche la stampa tedesca non è molto aggressiva. Poi io credo, sinceramente, che il problema della stampa italiana è più quel suo essere spaccata tra la presenza di una componente di destra non meglio definita e una componente di sinistra che mi appare come l’immagine di una polaroid rimasta esposta per troppo tempo e dunque si è sbiadita. Questo è il nostro problema”.

Torniamo agli Stati Uniti: con Joe Biden cosa cambia esattamente?
“Tutto, cambia tutto. Perché Trump non ha avuto un solo punto a suo favore. Ha messo in campo subito un modo di essere anarchico-gangsteristico. Ha posto in discussione tutto, anche gli organismi internazionali. Nessuna persona normale può trovare un solo punto normale in ciò che ha fatto Trump”.

E nel rapporto giornalisti-Casa Bianca?
“Io dico che l’era Trump ha avuto una caratteristica. Donald Trump è stato uno di quei personaggi che si rendono impresentabili da subito e dunque da quel momento in poi ciò che fanno non susciterà più scandalo. La stampa americana ha resistito. New York Times, Washington Post, Cnn ci hanno offerto esempi di stampa libera correndo rischi pesanti. La Cnn ha rischiato la licenza. Eppure hanno mantenuto la stessa posizione, antipresidenzialista. Diciamo che dagli Stati Uniti ci arrivano due lezioni, una brutta e una bella. Quella brutta è che un americano su due ha votato per Trump e quindi io so che quando cammino in una qualunque grande città americana ho accanto a me uno che ha votato Trump nonostante ciò che ha detto e ha fatto. La lezione bella ci arriva dalla stampa, dalla Fox per esempio, che, come sappiamo è di destra, ma che ha dimostrato di avere giornalisti veri, i quali orientavano i loro commenti ma hanno saputo sempre mettere ordine e dunque davano le notizie quando lo erano, ma non davano le fake. E dicevano le cose come stavano senza riportare gli insulti”.

Che tipo di informazione ha visto, e ricevuto, nell’era del covid 19?
“Ho visto scene di puro panico. Ma ho avuto poca informazione scientifica. Avrei voluto sapere perché in Italia ci sono stati così tanti morti, più che in altri Paesi con uguale e/o maggiore contagio. Sa cosa mi resta più di ogni altra immagine? Quei carri militari che sfilano con le bare. Ma io vorrei sapere perché se ne sono accumulate così tante. Adesso vorrei più domande sul piano dei vaccini. Vorrei che qualcuno chiedesse: come verranno vaccinati gli abitanti di Ostia? O di Ancona. Chi li chiamerà? Con quale ordine? C’è un numeretto, una fascia oraria? E allo stesso modo avrei voluto sentire in questi mesi qualcuno, un ‘facilitatore scientifico’ che ci dicesse come stavano le cose. Come se il mio medico stesse seduto di fronte a me e mi spiegasse: ‘hai questo e questo, ora succederà quest’altro…'”

L’Italia ha delle “croste” incancellabili, non scalfite neppure dalla pandemia, anzi forse rinvigorite. Una di queste è il fascismo, il senso dell’Italia per il fascismo. Cosa pensa dei rigurgiti neofascisti?
“Penso che, purtroppo, abbiamo lasciato dei varchi. Il fascismo, che non esiste perché è stato sconfitto nel 1945, può formicolare qui e lì nelle nostre vite perché è stato lasciato uno spazio libero. L’antifascismo dovrebbe essere l’impronta dell’Italia, invece abbiamo lasciato che alcuni personaggi impresentabili si infilassero dentro varchi che l’antifascismo ha fatto sì che fossero incustoditi. E ora c’è chi esprime quel rigurgito in modo volgare e sguaiato e chi lo fa in modo più sottile dicendo ‘sì, ma in fondo non era così male…’. Poi, anche l’antifascismo si è spaccato su aspetti politici, anche qui mi viene ancora in mente quella immagine delle fotografie sbiadite. Ritengo che l’Italia abbia motivi per far valere l’antifascismo come la sua impronta portante”.

 

 

Furio Colombo è nato il primo gennaio del 1931, giornalista, è stato senatore, due volte deputato, sue le proposte di legge che poi hanno portato alla istituzione della Giornata della Memoria che cade il 27 gennaio e ricorda la liberazione di Auschwitz. E’ stato direttore del quotidiano L’Unità dal 2001 al 2005.


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