25 anni alla ricerca di Selma

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Selma Musić scomparve nel 1995 durante la presa di Srebrenica. Aveva 7 anni. Nel 2019 i genitori scoprirono in una foto che era arrivata sana e salva sul territorio della Federazione. Una speranza per continuare la loro ricerca

L’11 luglio del 1995 le truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić entrarono a Srebrenica, cittadina decretata “Area protetta” dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 1993 e posta sotto protezione dei Caschi blu, dove si erano rifugiati migliaia di bosniaci musulmani fuggiti dai villaggi della zona. In pochi giorni vennero deportate, uccise e occultate in fosse comuni più di 8mila persone, tutti bosgnacchi (bosniaco-musulmani). Centinaia di civili, tra bambini, donne e anziani, vennero sfollati con la violenza, altri tentarono la fuga percorrendo quella che fu per molti una marcia della morte.

Selma Musić aveva sette anni e dieci mesi. La madre Alija si trovava il 12 luglio a Potočari, pochi chilometri da Srebrenica, davanti alla base dei Caschi blu, in cerca di salvezza assieme a centinaia di altri civili. Con lei altri tre figli: Alen di 5 anni, Elvira di 2 e Sadik di sei mesi. Nella folla terrorizzata, spinta a forza dai soldati, Alija perse di vista la figlia Selma. Selma Musić è nata il 17 settembre 1987 a Bukovici, comune di Vlasenica. È scomparsa il 12 luglio 1995 a Potočari vicino a Srebrenica. È stata vista l’ultima volta il 13 luglio 1995 a Ravne, vicino a Kladanj, nel cosiddetto “territorio libero”. Da allora non se ha più traccia.

La famiglia di Selma ha continuato a cercarne le tracce sino ad oggi, senza risultato. In Bosnia è stata inserita nella lista degli scomparsi e negli anni si è cominciato a credere che fosse stata uccisa e il suo corpo occultato in una fossa comune. Ma nel 2019 è accaduto qualcosa.

La sorella Elvira, oggi ventisettenne, mi ha contattata: “Ciao, ho visto un video in cui hai tenuto un’intervista sui bambini scomparsi dalla Bosnia. I miei genitori e io stiamo cercando mia sorella scomparsa in quegli anni. Di recente è apparsa una sua foto che indicava che era viva…”. Elvira aveva letto l’inchiesta di OBCT e i servizi realizzati dalla Rai sulla storia dei “Bambini di Bjelave  ”, che da Sarajevo nel luglio del 1992 vennero portati in Italia con l’accordo di farli rientrare in Bosnia alla fine della guerra, ma finirono poi in adozione nonostante i genitori biologici fossero ancora in vita.

Grazie ad Elvira abbiamo ricostruito la vicenda della tragica scomparsa della sorella e ci ha inviato un appello audio, nella speranza che quante più persone lo condividano per aiutare la sua famiglia in questa estenuante ricerca: “Sono Elvira, sorella di Selma Musić che è sparita a Srebrenica nei giorni della caduta della città e che tutta la mia famiglia sta cercando da 24 anni. Quando è scomparsa io avevo solo due anni, per cui purtroppo non mi ricordo di lei. Ciò che mi porto dentro da tutta la vita sono i racconti su di lei che mi hanno riportato i nostri genitori, oltre a una grande sofferenza e un grande vuoto.”

Siamo entrati in contatto con il padre, Salim, che ha raccontato quell’11 luglio: “Ho dovuto prendere la via dei boschi, assieme a tanti altri ragazzi e uomini. Solo io so cosa ho passato e quanto quel cammino sia stato duro. È difficile da raccontare e mai lo dimenticherò. Il momento più duro è stato però quando ho dovuto dividermi dalla mia famiglia, ma ancora peggio quando ho saputo che Selma era scomparsa”.

“Srebrenica era caduta. Mentre gli uomini tentavano la fuga attraverso i boschi, donne, bambini e vecchi si sono incamminati verso la base ONU – ha raccontato invece nel marzo del 2019  la moglie Alija – A Potočari c’era il caos, una folla enorme, la paura si respirava ad ogni passo. Portavo in braccio Sadik, il più piccolo, gli altri tre mi camminavano davanti. Ad un certo punto Selma è sparita dalla mia vista, è stata questione di un secondo.” Alija ha cominciato a cercarla per ore in mezzo a quella massa umana, rivolgendosi anche a Ratko Mladić: “Gli ho tirato la manica della camicia dicendogli che avevo perso mia figlia, ma mi ha spinta via. Poi ci hanno stipati sugli autobus…”. Assieme a centinaia di sfollati verranno mandati verso il cosiddetto “territorio libero” controllato dall’Armija BiH.

Il marito Salim invece ha percorso più di 100 km a piedi lungo quella che è stata chiamata la “Marcia della morte” e – a differenza di molti altri morti di stenti, per le ferite o uccisi lungo il tragitto – è riuscito ad arrivare in territorio libero: “Ho ritrovato mia moglie e i miei tre figli il 20 luglio, a Lukavac [a nord-ovest della città di Tuzla]”. Segnalarono subito alla Croce Rossa e all’Unhcr (Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) la sparizione di Selma.

Nei sette anni in cui vissero da sfollati in un villaggio nei pressi Lukavac [nel Cantone di Tuzla], non ebbero alcuna informazione su Selma e nel 2002 tutta la famiglia ha ottenuto i visti per gli Stati Uniti. Oggi Salim, con la moglie Alija e i due figli Alen e Sadik, vivono a Saint Louis nel Missouri, mentre Elvira vive con il marito e due figli nell’Iowa.

Ma l’anno scorso è accaduto un fatto inaspettato, come ci ha raccontato Elvira: “A marzo 2019, solo per caso, mia mamma ha visto una foto apparsa su una pagina Facebook e ha riconosciuto subito i vestiti che Selma portava quel giorno… ci ha chiamati tutti per dircelo”. “I miei genitori fin dalla sua scomparsa hanno continuato a cercare tracce di mia sorella nei modi più disparati ma senza alcun risultato per 24 anni e questo evento ci ha dato nuove speranze”, ha proseguito Elvira. Hanno poi proseguito la ricerca attraverso il profilo Facebook aperto dal fratello di Elvira nel 2011 “Missing Selma Music since July 12 1995 in Srebrenica, Potocari  ”.

La foto a cui si riferisce Elvira è del fotoreporter Ahmet Bajrić (Blicko), scattata a Ravne nei pressi di Kladanj, dove arrivarono decine e decine di donne, bambini e vecchi deportati da Potočari tra il 12 e il 14 luglio. “Ravne era uno dei primi punti di accoglienza di civili in arrivo da Srebrenica. Non ricordo esattamente quando ho scattato quella foto, credo il 13 luglio”, ha dichiarato il fotoreporter a Dnevni Avaz  il 21 maggio dell’anno scorso.

Ahmet Bajrić assieme ai colleghi di Radio Zvornik, era tra i pochi giornalisti presenti in quei giorni di luglio a Ravne, vicino a Kladanj, al confine con il territorio controllato dall’esercito serbo-bosniaco. Ha raccontato a OBCT che la foto, come tante altre che aveva scattato in quei giorni tra gli sfollati che arrivavano da Srebrenica, sono state pubblicate su internet e che i genitori di Selma l’hanno contatto dichiarando di aver riconosciuto Selma in uno scatto: “Per loro, questa foto è la dimostrazione che Selma è arrivata salva sul territorio della Federazione”, ha aggiunto Ahmet Bajrić. Il fotografo ha autorizzato OBCT alla pubblicazione  auspicando il ritrovamento di Selma.

Il fotoreporter ha in seguito incontrato i genitori di Selma. Dopo aver visto quella foto hanno deciso infatti di partire per la Bosnia, come racconta il padre di Selma: “In aprile [2019] appena arrivati abbiamo consegnato la foto alla Croce Rossa e alla polizia. Poi abbiamo cominciato a visitare tutte le case di accoglienza di minori della zona di Kladanj. Ci avevano promesso che avrebbero cercato informazioni, ma fino ad oggi non abbiamo ricevuto nulla. Non ci diamo per vinti e torneremo in Bosnia per proseguire le ricerche”.

Hanno poi denunciato la scomparsa anche all’FBI il quale, in base alla foto della bambina, ha realizzato una ricostruzione – attraverso un processo di “age progression” – su come potrebbe apparire oggi, da adulta.

Durante le ricerche, si è sparsa la voce, ma senza alcuna prova finora, che potrebbe essere stata portata fuori dalla Bosnia Erzegovina. “Mi chiedo se ci sia la possibilità che sia stata portata in Italia e se comunque potreste aiutarci in qualsiasi modo”, ha proseguito Elvira. “Il nostro più grande desiderio è trovarla. Per questo spero tanto che questo articolo e questo mio appello arrivino lontano e che chiunque abbia informazioni di qualsiasi tipo su Selma, ce le faccia avere e ci restituisca la pace. Almeno per dirci che sta bene, ovunque lei sia oggi.”

Fonte: BalcaniCaucaso


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