Milano non ha dedicato monumenti alle sue grandi donne: appello di EveryOne Group al sindaco Sala

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I co-presidenti di EveryOne Group Roberto Malini, Dario Picciau e Glenys Robinson hanno inviato un appello al Sindaco Sala, agli assessori all’urbanistica e alla cultura Maran e Del Corno, alla delegata alle Pari Opportunità Colombo, chiedendo che si ponga rimedio alla mancanza di statue dedicate alle donne che hanno contribuito nella storia antica e in quella recente alla crescita civile, artistica e umana della città.
“A parte le madonne,” è scritto nel testo dell’appello,  “a Milano vi sono statue di sante e martiri sul Duomo e in altre zone, la Statua della Libertà ancora sul Duomo, la statua dell’Italia nei giardini Montanelli (sic!), il monumento ai caduti di Mentana in piazza Mentana e, in via Pisani, la statua alla donna di Rachele Bianchi. Sempre troppo poche, rispetto a quanto le donne hanno fatto per la città”.
Con tale premessa, gli attivisti umanitari hanno suggerito al Comune di Milano una lista di donne meritevoli di essere ricordate attraverso monumenti o quantomeno l’intitolazione (ove mancante) di vie e spazi pubblici: Cristina Trivulzio (scrittrice e patriota, protagonista del Risorgimento), Agnese Visconti (martire degli accordi politici fra Gonzaga e Malatesta), Beatrice d’Este (Duchessa di Milano e fine diplomatica), Bianca Maria Visconti (moglie di Francesco Sforza, studiosa e amica delle arti, forse avvelenata dal figlio Galeazzo), Maria Callas (la più grande voce della lirica, che visse per dieci anni a Milano), Elena Albertini Carandini (scrittrice e testimone del Novecento), Marta Abba (attrice), Alda Merini (poetessa), Fernanda Pivano (traduttrice, scrittrice, fautrice di grandi cambiamenti nella cultura italiana), Laura Augusta Alvini (musicista), Giuliana Fiorentino Tedeschi (testimone della Shoah e scrittrice). Una lista a cui si potrebbero aggiungere molte altre donne protagoniste della cultura, dell’arte, della scienza a Milano, metropoli che, ci auguriamo, sappia al più presto rimediare alla sua “amnesia rosa”, restituendo visibilità alle protagoniste della sua lunga e spesso gloriosa storia.

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