L’industria del Nord-Est ai tempi del Coronavirus

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Come vive questa crisi l’economia reale, l’industria del Nord-Est, che traina il PIL italiano e l’export, ai tempi dell’epidemia del Coronavirus? Ne abbiamo parlato con Alessandro Riello, presidente dell’Aermec, una delle aziende leader mondiali nel settore della climatizzazione, negli anni passati ai vertici della Confindustria nazionale e veneta. La sua è una testimonianza da dentro il cuore di un’Italia abituata ad affrontare le sfide internazionali e a reinventarsi dopo ogni crisi di sistema.

Alessandro Riello, la sua industria, l’Aermec, si trova al confine tra Verona e Padova, una delle 14 province chiuse per l’epidemia di Coronavirus. Come state vivendo questo isolamento forzato?
“E’ una situazione davvero particolare. Indubbiamente una cosa di questo genere non l’avevamo mai vista, sia a livello personale che aziendale.”

Ve l’aspettavate, dopo l’aumento degli infetti e dei decessi?
“Prima di queste decisioni del governo, ci eravamo mossi per tempo all’interno dell’azienda. Eravamo già partiti agli inizi dell’epidemia. Specialmente perché ci troviamo al confine con Padova, pur essendo nella provincia di Verona. E poi perché circa 200 dei nostri dipendenti vengono proprio dalla provincia di Padova.”

Ecco, ma come i vostri dipendenti possono muoversi in queste “zone rosse”?
“Intanto, questi nostri collaboratori sono tutti presenti. Già dagli inizi dell’epidemia, a loro è consentito venire in azienda e tornarsene a casa “per giustificato motivo”. A loro abbiamo dato un documento di “autocertificazione” e il badge identificativo aziendale. Inoltre abbiamo promosso lo “smart working” via Internet per i dipendenti amministrativi. Ma ovviamente, per chi è addetto alle officine, abbiamo bisogno della loro presenza fisica.”

Quali precauzioni usate per contrastare il contagio?
“Certo, c’è da assicurare la distanza di sicurezza di un metro tra un addetto e l’altro. E questo lo stiamo mantenendo. Già da prima che si verificasse questa situazione, comunque, avevamo preso una serie di iniziative a tutela di azienda e collaboratori. Avevamo, per esempio, sospeso tutte le visite in azienda non fondamentali e ricevevamo solo singole persone, sia rappresentanti di ditte fornitrici sia di clienti, che dovevano fare degli ordinativi. Non abbiamo, inoltre, più consentito visite di ospiti nelle officine, proprio per proteggere i nostri dipendenti. Abbiamo, poi, abolito i corsi di aggiornamento professionale per la rete di vendita e l’assistenza.

Per il personale delle portinerie ai cancelli, li avevamo già dotati di mascherine, guanti e termo-scanner, per verificare la temperatura anche dei camionisti, degli ospiti e di chi viene a fare carico e scarico. Per quanto riguardo le ditte esterne che ci fanno manutenzione, devono avere le mascherine e non possono in questo periodo usufruire della mensa dipendenti. E lo stesso personale addetto alla mensa deve indossare guanti e mascherine. Raccogliendo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, abbiamo inviato a tutti i dipendenti un Vademecum, collaboratori inclusi, su come seguire le regole previste dal Comitato scientifico del governo per la propria igiene e il comportamento in pubblico. Lo abbiamo fatto non per creare panico, ma per far cresce la consapevolezza che tutti devono avere rispetto degli altri e accrescere il senso di responsabilità”

Dal punto di vista industriale e di mercato, cosa sta cambiando?
“Quello che adesso ci preoccupa è come mandare avanti l’azienda giorno dopo giorno. Tra i problemi che ci troviamo di fronte è come reperire i materiali per costruire le nostre apparecchiature e, di conseguenza, come riuscire poi a spedirle. Le aziende del comprensorio hanno difficoltà nei trasporti non solo per l’Italia, ma soprattutto verso gli altri paesi. Anche perché circa il 55% dei nostri volumi di affari si svolgono nell’export.

Purtroppo vediamo affiorare, specie nei trasporti, episodi di sfruttamento e di speculazione incredibili del tipo che alcuni trasportatori che dovevano venire dall’estero a caricare e poi ripartire verso l’estero, hanno chiesto il 30% in più. Gente senza scrupoli e senza coscienza di quello che stiamo attraversando. Bisogna colpire in modo duro e severo questi fenomeni, come quando si scoprono le speculazioni con la vendita delle mascherine sui siti web e interviene prontamente la polizia postale.”

Qual è il suo giudizio sull’operato del governo in questa emergenza?
“E’ chiaro che si tratta di un’onda tipo tsunami che finirà. In questo momento a soffrire maggiormente è il settore turistico, e qui nel Veneto sarà davvero problematica la crisi. Ma quest’onda raggiungerà anche noi e altri settori. Certo, non solo in Italia ma in tutta Europa. Perché si tratta di una crisi planetaria. Quando ci sono le emergenze, per fortuna il nostro paese è davvero eccezionale. Credo, purtroppo, che negli altri paesi europei stiano sottovalutando questa epidemia. Me ne sono reso conto dai contatti che ho con i miei clienti e collaboratori esteri. Addirittura ho visto un TG spagnolo che invitava a non mettere le mascherine, altrimenti avrebbero provocato del panico alla gente! Io do un voto positivo ai provvedimenti del governo, pur avendo avuto a suo tempo delle riserve sulla politica di questo esecutivo. Su questa emergenza l’ho trovato più presente dei tedeschi e dei francesi. Credo che di fronte a questa crisi, avrebbero dovuto chiudere anche la Borsa, dove la speculazione finanziaria sta approfittando della situazione di sofferenza dei nostri paesi colpiti dal Coronavirus. Anche la BCE e la Commissione Europea dovrebbero intervenire in qualche modo

Alcuni leader politici e commentatori pongono la necessità di superare l’emergenza con un governo “di unità nazionale”.
“Non mi pare che ci sia la necessità di formare un governo di “unità nazionale”. Questo esecutivo sta attuando misure giuste e opportune. Ognuno si prenda le proprie responsabilità, specie in questa occasione che sta modificando anche il nostro modo di vita sociale.”


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