Lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto? Intervista a Franco Perlasca

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«…con Perlasca il conto non tornava: un ex fascista era stato un eroe vero nella salvezza degli ebrei…». Sono queste le parole usate da Gianni Minoli per descrivere la sua esperienza con lo Schindler italiano: Giorgio Perlasca. Un pensiero e una realtà agli antipodi, rispetto a ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni; al rifiuto del sindaco di Predappio a sostenere le spese per un Viaggio della Memoria ad Auschwitz da parte di una studentessa del paese romagnolo; all’assegnazione di una scorta alla Senatrice Giuliana Segre.

Giorgio Perlasca – sue sono le parole del titolo – è scomparso nel 1992, ma la memoria di quello che ha compiuto e il silenzio seguito a quell’atto di straordinaria umanità è custodito dalla Fondazione che a Padova porta il suo nome; con il figlio Franco a sovrintendere alle attività che vedono iniziative e viaggi a Budapest e ad Auschwitz organizzati dalla istituzione che porta il nome di suo padre.

Franco, posso chiederle cosa pensa, in generale, di quello che sta accadendo? «Imbarbarimento, userei questa parola in senso generale, senza entrare nello specifico dei singoli casi. Un imbarbarimento della vita pubblica, a cui stiamo assistendo da alcuni anni. Una crisi di valori che lascia senza parole. Parole come dignità umana, rispetto devono prescindere dall’ideologia; dall’appartenenza politica».

Chiariamolo per chi non lo sa; lei ha idee politiche ben precise. «Negli anni Novanta ero assessore a Padova, con Alleanza Nazionale». E pochi anni dopo, nel 2003, il leader di A.N. Gianfranco Fini si recò in visita allo Yad Vashem, definendo un’infamia le Leggi razziali.

Non le chiedo opinioni sul caso del sindaco di Predappio che nega il contributo a una studentessa per il viaggio d’istruzione al campo di Auschwitz, ma un parere su chi mette in atto atteggiamenti di questo tipo. Cosa ne pensa? «È un comportamento ‘sciocco’, che rischia di essere interpretato come una posizione di parte. Ritiene che ci sia una sorta di discriminazione verso le vittime delle foibe? Sostenga il viaggio di questa ragazza e poi provveda a organizzare un altro viaggio per far comprendere cos’è successo al confine tra il Friuli e l’ex Jugoslavia. Così rischia di esporsi a strumentalizzazioni che non fanno bene a nessuno; rischia di finire in un bollitore dove tutto diventa il contrario di tutto».

Mi perdoni, in che senso? «Oggi come oggi, il rischio è di mettere in evidenza problemi gravi e da condannare, ma l’opinione pubblica rischia di focalizzarsi solo su un ‘versante’. La condanna deve arrivare nei confronti di tutte le offese: da quelle al Senatore leghista Toni Iwobi alle vignette pubblicate da una candidata per una lista di sinistra che scaglia una disabile nel vuoto dopo che questa ha detto: ‘Io sto con Salvini!’. Mi auguro che la Commissione indagherà su tutti i casi, perché l’antisemitismo e l’intolleranza sono ovunque, bisogna guardare a ogni episodio. Personalmente, sono ad esempio perplesso che si intitoli il lungo mare di Palermo ad Arafat».

Quindi la Commissione Segre avrà un bel lavoro da fare… «Sulla Commissione Segre, mi permetto di prendere in prestito le parole dell’ex presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il quale sostiene che quando nel 2002 si è approvata la costituzione della Giornata della Memoria si è lavorato alacremente per limare un testo che potesse andar bene a tutti; e infatti è stata approvata nelle sedi parlamentari con l’unanimità. Forse nel caso della Commissione Segre si poteva lavorare per raggiungere lo stesso obiettivo; ma sarebbe servito più tempo, più impegno da parte di tutti».

Torniamo al “caso” Auschiwitz; lei c’è mai stato? «Alcune volte ho accompagnato i ragazzi che si iscrivono ai viaggi che organizziamo sulle tracce di Perlasca, con la Fondazione. In quattro giorni andiamo a Budapest, dove mio padre si sostituì al console spagnole per salvare migliaia di ebrei, e poi ad Auschwitz. Organizziamo viaggi per 200 ragazzi, ma le domande che arrivano sono sempre più del doppio; prima di partire i ragazzi firmano un impegno preciso: niente cellulari, niente auricolari, non si mangia sui pullman. Svolgono un intenso lavoro di preparazione. Non viaggiano come classi ma devono rapportarsi con ragazzi che non hanno mai visto; al termine sono stanchi, ma hanno vissuto un’esperienza irripetibile».

Sul sito della Fondazione Perlasca c’è una sezione intitolata “PerNonDimenticare”: si tratta di tutti i drammi vissuti dall’Umanità. Oltre alla Shoah, si parla delle Foibe e dell’Esodo istriano e dalmata, del Genocidio Armeno e di quello del Rwanda, dei Gulag e di quanto accaduto nell’ex Jugoslavia.


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