Il 41 bis e quella brutta aria

0 0

Unknown

La linea del D.A.P. dopo la nomina dei nuovi vertici esposta nel documento del 26 giugno 1993 era stata nell’immediato sostanzialmente disattesa dal Ministro della Giustizia Conso, il quale, non
condividendola […], provvide, di fatto, a prorogare pressoché in blocco (salvo limitate eccezioni determinate da sopravvenuti ostacoli formali), tutti i decreti applicativi del regime del 41 bis in scadenza tra il 20 e il 21 luglio 1993 senza neppure quella preventiva interlocuzione con le Forze dell’Ordine suggerita dal D.A.P. nel citato documento.
Ciò nonostante, all’indomani delle bombe del 27 luglio 1993 – e, peraltro, dopo, che quello stesso giorno il Vice Direttore Di Maggio si era incontrato con il Col. Mori per parlare del problema dei detenuti mafiosi (v. annotazione alla pagina del giorno 27 luglio 1993 dell’agenda di Mori: “Dal dr. Di Maggio (problema detenuti mafiosi)” sulla quale si tornerà) – il D.A.P., nonostante non vi fosse
stato alcun recepimento della direttiva del 26 giugno 1993 da parte del Ministro, in vista della scadenza di un altro gruppo di provvedimenti applicativi del regime del 41 bis prevista per la data del 24 agosto 1993, si attiva chiedendo questa volta, con una nota del 29 luglio 1993 dell’Ufficio Detenuti (si tratta di una nota non acquisita agli atti, ma il cui contenuto si ricava pressoché
integralmente dal verbale delle sommane informazioni rese da Loris D’Ambrosio alla Procura di Firenze il 28 maggio 2002 prodotto dalla difesa degli imputati Subranni e Mori all’udienza del 10 ottobre 2013), il preventivo parere alla Direzione Nazionale Antimafia e alle varie Forze dell’Ordine, nell’ottica evidente di limitare la proroga ai casi assolutamente necessari, rappresentando che la “delicata situazione generale” imponeva, sì, da un lato, di soddisfare le esigenze di sicurezza, ordine pubblico e contrasto alla criminalità organizzata, ma, dall’altro, però, anche “di non inasprire inutilmente il < <clima> > all’interno degli istituti di pena”.
Come si vede, dunque, all’indomani delle stragi della fine di luglio 1993, il D.A.P., nonostante le precedenti contrarie determinazioni del Ministro e, probabilmente per la prima volta (secondo quanto si ricava dall’esame del Dott. D’Ambrosio di cui si è detto, nel quale lo stesso teste sottolinea, poi, anche la natura politica di quella iniziativa: “…è una scelta politica che fa il
Dipartimento .. “), riprende ancora l’indirizzo programmatico esposto nel documento del 26 giugno 1993 nell’intento ivi dichiarato di dare “un segnale positivo di distensione” e di “non inasprire il clima”.
Non solo, ma con la citata nota del 29 luglio 1993 il D.A.P., nella medesima ottica, trasmette persino l’elenco dei decreti scaduti il 20 e 21 luglio 1993 già prorogati dal Ministro e per i quali, dunque, non vi sarebbe stata alcuna necessità di aggiornare le posizioni dei singoli detenuti, così che appare chiaro l’intento sottostante di pervenire eventualmente alla revoca di taluna di quelle
proroghe indiscriminate che evidentemente avevano contrariato il D.A.P. […].
E ciò nonostante, in quegli stessi giorni, il Vice Direttore del D.A.P. Di Maggio proclamasse in sede di Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica la necessità di mantenere fermo il regime del 41 bis.
Ciò conferma che alla linea “ufficiale” del D.A.P., che, in quel momento e nel contesto di quelle riunioni del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ai cui partecipanti era ben chiara l’assoluta necessità, dopo le bombe del 27-28 luglio 1993, di non dare segnali di cedimento sul fronte dell’applicazione del regime carcerario più rigoroso, non poteva che essere nel senso della fermezza, si contrapponeva, nella pratica, una linea più accomodante che mirava, invece, proprio a lanciare quei segnali di ripensamento del regime carcerario più rigoroso col dichiarato fine di “non inasprire il clima” nelle carceri e, quindi, di ottenere, piegandosi, di fatto, al “ricatto” della mafia, che questa recedesse dalla strategia stragista.
[…] Si è fatto cenno sopra, peraltro, anche all’intervista rilasciata da Di Maggio il 22 agosto 1993 (v. sopra Capitolo 23, paragrafo 23.4), che, sia pure in modo non esplicito, lasciava, comunque, trasparire un approccio alla questione del 41 bis non proprio in linea con l’assoluta fermezza proclamata in sede di Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica dallo stesso Di Maggio.
E che tale linea “non ufficiale” cominciasse a prendere piede si può ricavare indirettamente anche dalla nota a firma del Dott. Di Maggio indirizzata alla Procura di Palermo il 28 agosto 1993 (v. produzione della difesa di Subranni e Mori in data 8 ottobre 2015) nella quale, tra l’altro, si legge: “…concordo sulla opportunità che del gruppo… Continua su mafie


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21