Caso Lo Muzio, la Procura indaga sulla richiesta di documenti. Istanza al Ministero

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Chi e perché identificò il giornalista Valerio Lo Muzio sulla spiaggia di Milano Marittima il 30 luglio scorso, mentre filmava il figlio del Ministro dell’Interno in sella alla moto d’acqua della Polizia di Stato? Il quesito che il cronista di Repubblica aveva posto fin dal primo momento adesso è anche alla base della richiesta della Procura di Ravenna al Viminale con cui si vuole, appunto, arrivare all’identificazione di coloro che cercarono di impedire a Lo Muzio di filmare la scena e poi gli chiesero i documenti. Non solo: come si vede chiaramente nel video, uno degli uomini in spiaggia disse a lo Muzio: “Adesso sappiamo dove abiti”!. La richiesta formale al Ministero dell’Interno da parte della magistratura indica l’avvio di un’indagine per ora contro ignoti, in attesa appunto della risposta sull’identità di quelli che, in teoria, erano agenti in borghese. I punti oscuri di questa storia sono principalmente due e sono gli stessi su cui insistevano (e tuttora insistono) le domande poste dal giornalista al Ministro Matteo Salvini. Ossia: perché il figlio del Ministro era su un mezzo di servizio delle forze dell’ordine e se c’erano stati dei precedenti; chi sono le due persone che hanno chiesto i documenti e perché lo hanno fatto.

Domande che non hanno mai ricevuto una risposta, neppure durante la conferenza stampa convocata il giorno seguente l’episodio presso lo stabilimento Papeete di Milano Marittima dallo stesso Ministro Salvini, il quale aveva liquidato tutta la vicenda dicendo: “Mio figlio sulla moto d’acqua della polizia? Errore mio di papà. Lasciate stare i bambini”. E rivolto nello specifico a Valerio Lo Muzio aveva aggiunto: “Vai a filmare i bambini che ti piace tanto”, alludendo in modo pesantissimo e volgare alla pedofilia.

Nei giorni successivi la Questura di Ravenna aveva avviato verifiche sull’ipotesi di uso improprio del mezzo della polizia, destinato ai controlli di sicurezza in mare e nei pressi del litorale, non a gite tra le onde. Lo stesso Valerio Lo Muzio era stato sentito come persona informata sui fatti. Ma sullo sfondo resta dell’altro, ossia la possibilità che l’intervento dei due possibili agenti e la richiesta dei documenti al giornalisti abbiano integrato una limitazione della libertà di stampa. Concetto cui aveva fatto riferimento nell’immediatezza dei fatti persino il capo della polizia, Franco Gabrielli. Il quale aveva dichiarato: “ … c’è solo una cosa che mi interessa e che sto approfondendo: se c’è stata una limitazione al diritto di informazione e di cronaca”.  Come si sa la Federazione della Stampa e l’Associazione stampa dell’Emilia Romagna hanno già annunciato che nel caso in cui dovesse essere incardinato un procedimento con Valerio Lo Muzio quale parte offesa, si costituiranno anch’esse quali parti civili a tutela del diritto di cronaca in luoghi pubblici per fatti di interesse rilevante quale quello filmato il 30 luglio.


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