Il Papa e i Rom, chi rimane nel pregiudizio non è libero

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Esiste un popolo che si ritiene tale, che ha un sua lingua, una sua cultura, sue antiche tradizioni, che rivendica di essere riconosciuto come tale ma senza rivendicare un territorio? Sì, esiste, questo popolo è il popolo rom. Forse è questa eccezionalità, la capacità che altri non hanno di essere popolo ma di non reclamare un territorio in modo esclusivo ad aver alimentato, anziché rispetto e riconoscenza, pregiudizio e disprezzo per loro. Da tantissimo tempo. Eppure la musica, una delle più profonde e ammirate espressioni artistiche di un popolo, dovrebbe dimostrarci che i rom non meritano disprezzo, ma apprezzamento. Eppure non è stato così. E non solo per gli internamenti nei lager nazisti, per il grande maleperpetrato dal regime hitleriano anche contro di loro e troppo spesso rimosso, dimenticato. No, il grande male non è stato perpetrato solo da loro, ma anche da noi, italiani, che li abbiamo discriminati prima delle leggi razziali, che forse sarebbe meglio chiamare leggi razziste. LItalia fascista vanta dunque un primato pensando a loro; quello di aver indicato la via quando la via non era ancora tracciata. Ma la catena del male non finisce qui. I rom sono stati oggetto di terribili persecuzioni anche nella confederazione elvetica, i loro bambini portati forzatamente in orfanotrofio.

C’è stato tutto questo dietro la richiesta di perdono da parte Francesco per le discriminazioni di cui sono stati vittime rom e sinti, gli zingari. Anche i cattolici vi hanno discriminato in alcune circostanze, ha detto il papa. E sarebbe strano pensare o pretendere che non sia così se il pregiudizio è così diffuso da tempo e ancora oggi. LEuropa che li ha discriminata è cattolica, cristiana, o no? Lesame di coscienza davanti al disprezzo, al pregiudizio, richiesto da Jorge Mario Bergoglio è importante per tutti, credenti e non credenti. Ed è importante che il papa abbia deciso di aggiungere questo mea culpaai numerosi e necessari mea culpa già pronunciati dai successori di Pietro proprio mentre visitava la terra dove tanti rom originano, affondano le loro radici, la Transilvania. Primo successore di Pietro a recarsi in quella terra, prima vescovo di Roma a chiedere scusa del pregiudizio e delle discriminazioni dei Rom. Ma perché è stato importante che Francesco lo abbia fatto proprio lì?

Perché poco prima, beatificando i sette vescovi martiri del regime totalitario ateo dellepoca buia sovietica Bergoglio ha chiesto di seguirne lesempio, facendosi testimoni di libertà e misericordia. Libertà, quella per cui morirono, misericordia, quella che mostrarono i vescovi perseguitati non odiando, mai, neanche i loro carnefici. E come si può essere testimoni di libertà se si rimane vittime del pregiudizio etnico, razziale, razzista? Come si può pensare di credere nella libertà se non ci si libera dal pregiudizio? Estata questa la grande domanda che Francesco ha posto ai romeni di Transilvania, a tutti i romeni, a tutti i cattolici e a tutti noi, europei di unEuropa che torna a sentirsi immersa nel pregiudizio e quindi non libera.

Il mea culpadi Francesco aveva dunque un valore europeo ed universale, partendo dal riconoscimento del pregiudizio di cui sono vittime i rom, il popolo che non rivendica un territorio. Chi rimane nel pregiudizio non è libero e quindi non è testimone della libertà.  


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