Davide Puente: minacce da chi ha paura della verità

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E’ la sua attività che proprio non va giù allo strano popolo dei social che passa le giornate ad insultare e minacciare. E di minacce, purtroppo, Davide Puente blogger e debunker, ne riceve in continuazione; le ultime, rivolte anche i familiari sono arrivate pochi giorni fa. La sua storia cammina di pari passo alla complessa battaglia contro le fake news. Lui, David, svolge un lavoro scientifico e, se vogliamo elementare: svela le notizie, mette a nudo i falsi e in un’epoca che fonda molto sulle notizie campate in aria questo è un “mestiere pericoloso”. In più anche Puente, che fa parte della redazione di Open, è tra i giornalisti minacciati non dalla criminalità ma da nuove forme di persecuzione delle idee e della libertà di espressione.

Paolo Berizzi, Federico Gervasoni, tu. Giornalisti minacciati non dalla mafia ma con gli stessi metodi. Siamo al rischio del concetto più autentico della libertà di espressione secondo te?

Le minacce rimangono minacce, indipendentemente da chi arrivino. Certo, siamo abituati a parlare dei giornalisti sotto minaccia da parte della mafia, ma non sono gli unici e non solo in Italia. All’estero anche altri colleghi che operano nel mondo del giornalismo e del fact-checking si ritrovano a doversi confrontare nella vita quotidiana con insulti e minacce da parte di disinformatori e attivisti politici, in particolare di estrema destra che preferiscono un’informazione di parte e senza critiche.

Stai pagando il fatto che smascheri le fake, non è paradossale? Tutti ci chiedono di raccontare la verità. Strano  segno dei tempi?

La questione è sempre la stessa, sia  raccontare i fatti, sia  smentire un fake o  raccontare una realtà non conosciuta può portare a queste situazioni. Ognuno è responsabile di ciò che fa e deve essere consapevole di eventuali conseguenze. Ho deciso di seguire la strada del fact-checking e so benissimo che non fa piacere a qualcuno, che sia un “piccolo” o un “grande” e indifferentemente dalla propria ideologia. Possiamo dire che cambiano i mezzi, a me arrivano per di più messaggi anonimi via social, potremmo dire che dipende dal “campo di battaglia”.


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