Per Radio Radicale, e in generale, non mollare. Un dovere (e un diritto) l’ottimismo della volontà

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In generale per quello che riguarda la situazione politica che si è creata e si sviluppa, e nel caso specifico per la vicenda di “Radio Radicale”, la tentazione, forte, è di mandar un po’ tutti in vacca; rubare il titolo della commedia di Luigi Pirandello: “Non è una cosa seria”; fare proprio l’aforisma di Ennio Flaiano: “La situazione politica è grave, ma non seria”. Ma no. E’ proprio quello che “loro” vogliono. Troppo comodo (per “loro”) mollare. Sempre buono il motto di Romain Rolland, ripreso poi da Antonio Gramsci nel famoso articolo su “L’Ordine Nuovo”: “Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. Si tratta “solo” di coniugare capacità di “sogno”, con lucido ma non cinico pragmatismo. In una parola: “visione”. Essere, a dispetto del tempo che si vive, “visionari”: nel significato del pascoliano “L’Aquilone”: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole/anzi d’antico: io vivo altrove, e sento/che sono intorno nate le viole…”.

L’ho presa alla lontana: c’è un dovere, non solo un diritto, all’ottimismo. Occorre appropriarsi del “tormentone” inventato da Tonino Guerra per uno spot pubblicitario che molti ricorderanno: “l’ottimismo è il profumo della vita”. Si può; se si può, si deve. Un tenue, piccolo, profumo si leva, a onta di un sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, e che in un sussulto di sincerità, ascoltato dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, ammette di essere incompetente (sì, per una volta si può essere d’accordo). Dunque, che cosa succede, sul fronte della “Radio Radicale”

Accade che il sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, sostiene di parlare a nome del Governo; dichiara di non aver nulla di personale contro “Radio Radicale”, poi l’azzanna alla giugulare: d’accordo che è incompetente, ma come si fa a ignorare che “dirette” dai luoghi istituzionali, processi, congressi dei partiti, eventi politici e culturali sono letteralmente incompatibili con le scelte del “mercato”, fatto di spot e pubblicità programmata? Si può essere incompetenti, ma se lo si è fino a questo punto, è bene che ci si vada a dedicare ad altro: la coltivazione delle patate, per esempio. Il bello è che il sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, dopo aver esposto l’orientamento del Governo, dice che parla a livello personale. La cosa si fa surreale: come un esponente del governo possa intervenire in un luogo istituzionale, e riferire la posizione del Governo di cui fa parte, ma al tempo stesso parlare a titolo personale, è un qualcosa di surreale che neppure Eugene Ionesco avrebbe saputo immaginare.

Nel frattempo, nell’ambito della più generale polemica che investe da giorni l’esecutivo di Giuseppe Conte, la Lega presenta un emendamento che se accolto consente una boccata di ossigeno a “Radio Radicale”: circa tre milioni e mezzo di euro per una “transizione” di sei mesi; il tempo necessario per sbrogliare la matassa: o una gara d’appalto per assicurare il “servizio pubblico” (“Radio Radicale” da sempre la invoca e la auspica), o, in via subordinata, una assai più complicata, complessa, trattativa con la RAI. L’emendamento della Lega presentato da Massimiliano Capitanio tutto può essere, ma non un’iniziativa personale: in casa Lega non si fiata, se “capitan” Matteo Salvini non autorizza. L’unico che ha margini di autonomia è Giancarlo Giorgetti.

Il sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, pur se incompetente come assicura d’essere, qualcosa fiuta: “All’improvviso si sono riscoperti amanti di Radio Radicale”, sbotta. “Non mi pare siano stati così benevoli nei loro confronti in passato… forse lo fanno per cercare di trovare un po’ di accoglienza da parte degli altri partiti”. Qualcuno a questo punto dovrebbe aggiornare il sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato. Il suo draconiano NO a “Radio Radicale” non è condiviso neppure all’interno del suo partito. Luigi Di Maio dopo giorni di silenzio e indifferenza (da ministro del Lavoro non ha neppure ricevuto una delegazione dei lavoratori – un centinaio – dell’emittente), ora è possibilista. Deve essersi convinto che conviene essere prudenti; che le posizioni oltranziste non sono poi così popolari; che “Radio Radicale” per quanto di nicchia, può contare su un pubblico esigente, influente, temibile, in grado di inaspettate mobilitazioni; anche ora, che Marco Pannella non c’è più. Più dei toni bellicosi del sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, meglio la tattica manzoniana del “troncare e sopire”: lasciar passare le elezioni, scrollarsi di dosso la “patente” di censori e assassini della “Radio Radicale”, “in una voce, tutte le voci”, “dentro, ma fuori dal Palazzo”…; “piccolo” segnale: il senatore Primo Di Nicola, anche lui grillino, componente della Commissione di Vigilanza, si schiera apertamente a favore di “Radio Radicale”.

Dunque: può accadere l’ennesimo miracolo. Fragile, precario, che non autorizza a cullarsi sugli allori: perché si tratta di una proroga di appena sei mesi; il futuro è ancora incerto.

Ancora: “Una notte bianca per salvare Radio Radicale”. E’ organizzata per la sera del 17 maggio nella storica sede romana del Partito Radicale, a via di Torre Argentina 76. Contemporaneamente, Roberto Giachetti, deputato doppia tessera, PD e radicale, annuncia l’inizio di uno sciopero della fame e della sete; obiettivo: scongiurare la chiusura dell’emittente: “Tutto è bloccato mentre la vita della radio è prossima alla fine”, dice Giachetti. La sua, spiega, è “un’iniziativa che non è contro nessuno, ma è un dialogo totale, nonviolento, perché si passi dalle parole ai fatti con gli unici due treni possibili: lo Sblocca-cantieri, all’esame del Senato, e il dl Crescita, alla Camera. Sullo Sblocca cantieri gli emendamenti su Radio Radicale sono stati dichiarati inammissibili; chiedo al presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati, la possibilità di rivedere questa decisione”.

La parola, ora, al direttore della radio, Alessio Falconio: “Voglio ringraziare l’iniziativa della Lega che, con un emendamento depositato al decreto legge Crescita, chiede la proroga di sei mesi della convenzione tra Mise e Radio Radicale. Ringrazio il firmatario, Capitanio, il capogruppo, Molinari, il presidente Borghi e il deputato Basini che proprio nel suo gruppo, la Lega, ha raccolto le firme di 24 parlamentari a sostegno del servizio svolto da Radio Radicale. Voglio anche dire che non mi arrendo al fatto che ci sia una contrapposizione con i 5 stelle, come viene scritto, perché farei torto a posizioni importanti e non isolate come quella del vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, Primo Di Nicola, che invita il governo a valutare la proroga di sei mesi, come chiede anche l’Agcom nella segnalazione urgente inviata al governo nelle settimane scorse”. Maurizio Turco, presidente della lista Pannella, editrice di “Radio Radicale”, ricorda l’appello rivolto al presidente del Consiglio Conte: oltre centomila firme, che vuole poter consegnare direttamente al presidente del Consiglio. Accade poi che l’AgCom riconosca a “Radio Radicale” la specificità di servizio pubblico: un riconoscimento che Marco Pannella ha inseguito per una vita.

Nel mare magnum delle solidarietà (spesso parolaia, ma, comunque, sempre meglio del calcio in bocca del sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato), un fatto inusuale: la solidarietà di una parte del sindacato: i metalmeccanici della Fim Cisl esprimono “la solidarietà a tutti i lavoratori e giornalisti di Radio Radicale e fanno appello al governo e alle forze politiche di maggioranza, affinché rivedano la loro posizione rispetto al mancato rinnovo della convenzione a Radio Radicale, che svolge da anni, senza pubblicità, un servizio nei fatti e nella sostanza pubblico. Una voce critica e libera del panorama dell’informazione del paese, un patrimonio di pluralismo e di memoria che va tutelato”.

Ecco perché è possibile quel “qualcosa” di nuovo, anzi di antico; e con buona pace del sottosegretario pentastellato che non merita d’essere citato, e dei suoi non pochi sostenitori nemici della conoscenza. In un certo senso hanno ragione: il sapere rende liberi. E chi è libero fa paura.

Valter Vecellio

Da jobsnews


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