Inasprite le regole per l’esclusione degli impresentabili delle liste

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Il Codice di autoregolamentazione per le candidature del 2014, modificato dalla Commissione nazionale Antimafia dovrà ora essere approvato dalle Camere in tempo per essere applicato sin già dalle prossime elezioni europee, regionali ed amministrative. Le restrizioni prevedono per l’esclusione dalle liste, oltre i reati mafiosi, anche quelli di corruzione, di caporalato, autoriciclaggio, contro l’ambiente. La ripetitività di condanne con un cumulo di pena di quattro anni diventa una condizione per l’esclusione dall’eleggibilità. Basta il rinvio a giudizio per far scattare l’applicazione delle norme d’esclusione. L’adeguamento del Codice di autoregolamentazione ha escluso, tra i motivi dell’ineleggibilità, i reati di razzismo, di fascismo, di omofobia con la povera giustificazione che tali reati non erano contemplati dal precedente Codice d’autoregolamentazione 2014. Cioè la maggioranza non ha voluto riconoscere (e si comprende perché) che esiste nel paese una risorgenza di gruppi violenti di neofascisti, razzisti, antimigranti, omofobi, bullisti che alimentano il clima di paura e insicurezza sfruttati politicamente soprattutto dal salvinismo e dalla contraddittorietà dell’azione di governo.
Pertanto questi gruppi possono esprimere candidati e farli eleggere, accrescendo la loro legittimità rappresentativa e il loro radicamento tra gli strati della popolazione più debole e insicura, che non trovando risposte nell’azione delle forze democratiche vengono allettati dal richiamo della destra estrema. Così nacque nel 1922 il fascismo che usò la delusione degli ex combattenti, il disagio sociale del dopoguerra, approfittò della crisi del liberalismo, della compiacenza dei nuovi gruppi capitalisti e agrari del paese e della monarchia.
Nonostante questa grave sottovalutazione, la proposta della Commissione Antimafia, approvata a maggioranza, segna un piccolo passo avanti che può essere completato con emendamenti migliorativi durante l’iter parlamentare. Ciò che emerge, tuttavia, è che la questione mafie, corruzione, pericolo neofascista, non sono al centro dell’agenda politica governativa. Anzi il continuo attacco al Parlamento per smontarne la costituzionale rappresentatività è quotidianamente presente, ma non recepito dalla maggioranza degli italiani che esprime fiducia verso il governo.

Questo consenso si esprime anche attraverso la sottovalutazione, come abbiamo visto nelle recenti elezioni, della candidatura dei cosiddetti impresentabili in tutte le liste. Perché, come tutti sanno, non basta inasprire le pene se poi non si applicano o perché si ignorano o si aggirano ipocritamente. Ogni forza politica dovrebbe avere rispetto indipendentemente dal Codice proposto dalla Commissione Antimafia, d’un generale codice etico ispirato ai principi fondamentali costituzionali secondo i quali ogni funzione pubblica deve essere adempiuta con “disciplina e onore” e di concorrere (v. art. 49) con “metodo democratico” a determinare la politica nazionale. Se si tende sempre più a invocare una falsa democrazia diretta, appellandosi a un populismo greve e a un sovranismo primitivo (prima gli italiani) scavalcando ogni forma di rappresentatività sociale e politica parlamentare va in crisi non solo un sistema istituzionale, ma la stessa sostanza della democrazia trasformandola solo in un guscio vuoto, da scuotere ogni tanto con qualche elezione formale. Il compito delle forze progressiste è arduo, ma non impossibile. Facendo tesoro degli errori del passato recente e remoto, ritrovando unità su valori condivisi, sulla difesa delle persone da ogni forma di sfruttamento e da ogni disagio sociale, sul potenziamento del Welfare State e sulla riproposizione fondamentale di un modello di sviluppo economico capace di assicurare diritti e lavoro, allora torneranno ad essere un’alternativa possibile e credibile a iniziare dalle prossime elezioni.

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