Siria. Riapre l’ambasciata italiana a Damasco?

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Quando lanciò la sua campagna di abbonamenti il periodico “Il Primato Nazionale”, nome abbastanza chiaro, la presentò così: “Arruolati al Primato Nazionale”. Molti risposero; “Presente!” Non sorprende che oggi Il Primato Nazionale sia tra i primi a complimentarsi con il nostro ministro degli esteri, Moavero Milanesi, che annuncia -sebbene ancora in forma dubitativa- l’intenzione di riaprire l’ambasciata italiana a Damasco. Una certa concezione della diplomazia potrebbe scorgere un “conforto” a questa decisione nel contemporaneo orientamento di Arabia Saudita e paesi di Golfo a compiere lo stesso passo. Dopo aver mandato in avanscoperta a Damasco l’unico Capo di Stato condannato per crimini contro l’umanità all’Aja, il sudanese Bashir, l’orientamento pro Assad è stato assunto a Riad nella solita chiave “contro qualcuno”: oggi il male assoluto per Riad si chiama Turchia e quindi per contenere Erdogan va bene anche Assad. Non sono certo i metodi a differenziarli, ma i progetti. E’ un mondo senza più politica quello arabo, ma solo calcoli di potere, e quindi tutto si spiega così. Per la Farnesina può essere di conforto, ma non è una buona bussola. Sarebbe preferibile per le nostre feluche, immerse in questo delicato discernimento, non pensare ad arrivare primi in Europa all’inchino davanti al Presidente Genocida che gestirà la ricostruzione del suo Paese dopo averlo abbattuto sulla testa nei suoi sudditi, ma ricordarsi di Antigone: il diritto all’onesta sepoltura appartiene all’umanità da quei tempi lontani, ma proprio questo principio si tenterà di elidere dal nostro bagagliaio avviando questa ricostruzione sotto la regia di Assad: come si può ricostruire su quelle macerie senza prima aver recuperato le salme dalle fosse comuni? In Siria non è l’ora di costruire, ma di scavare; ma come immaginarlo senza che Assad sia riconosciuto mandante e responsabile di quelle carneficine? Dove starebbe Antigone davanti a un simile bivio?

Senza voler andare così avanti o così indietro (nel tempo) le nostre feluche potrebbero  semplicemente farsi ispirare da un signore di nome Giorgio Napolitano. Dopo aver insignito Bashar al Assad  del titolo di “Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana» con l’aggiunta riservata a pochi del «Gran Cordone», su richiesta di 75 senatori della Repubblica, di tutti gli schieramenti, e poi del governo, il presidente gli tolse per indegnità quel riconoscimento. Fu una decisione senza precedenti. E il passato, anche quello prossimo, può illuminare il futuro.

Non devono essere però considerazioni morali a guidare le nostre feluche, sempre attente alla “Ragion di Stato”, ma proprio questa bussola, l’interesse nazionale. E’ nell’interesse nazionale una nuova ondata di odio e di rabbia nel Mediterraneo? E’ interesse del nostro Paese farsi antesignano di un risentimento profondo, così profondo come delle fosse comuni murate sotto la calce viva di una ricostruzione che miri a mettere a tacere per sempre le lacrime e i diritti dei sepolti senza tumulazione? La speranza di far sparire le tracce dei crimini accomuna tanti criminali, ma non riesce mai a cancellare quelle tracce dai cuori delle vittime. E qui le vittime sono milioni. I siriani sanno bene che il 2011 è cominciato nel 1982, quando il regime degli Assad ritenne di far crollare le mura e le case del centro di Hama sui suoi residenti per piegare i Fratelli Musulmani. Ora è la Siria interna che è stata trasformata in una pioggia di detriti da riversare sulla testa dei sudditi che osavano chiedere di diventare cittadini. La dinamica assadiana aveva bisogno dell’Isis per convincerci che fosse una dinamica “necessaria”. Si basa sulla creazione di un orco cattivo per convincerci che una violenza senza limiti sebbene sgradevole sia indispensabile per darci sicurezza e stabilità. Ospitato in peccaminoso segreto proprio in Italia benché inserito nella lista europea dei responsabili di crimini contro l’umanità il dottor Ali Mamlouk è stato l’ostetrico del piccolo orco concepito in provetta dopo il 2003, il futuro Isis, per poi ritrovarselo pronto all’uso nel 2011. Non è strano che il suo primo attentato siriano abbia avuto luogo a Damasco con un fotografo pronto sul posto a immortalare l’aspirante martire poco prima la devastante esplosione? L’immagine, per strano che possa sembrare, venne diffusa da tutti i media del regime. Strano anche che l’esplosione avvenne a pochi metri da una caserma, senza infliggere alcun danno né all’edifico né ai militi, ma solo agli inermi passanti.

Solo spezzando la dinamica assadiana si tutelerà l’interesse nazionale, consapevoli che alcuni appalti, appetibili oggi, ci metterebbero in un rischio non più gestibile domani. E allora? Allora solo il buon vicinato aiuterà il nostro Paese a ritrovare un contesto vivibile nel prossimo futuro. Solo il buon vicinato con i popoli, non i regimi che li violentano, ridarà all’Italia quel Mare Nostrum che oggi è davvero un Mare Monstrum.


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