Parlare di “pace fiscale” in un Paese di evasori significa fare torto all’intelligenza dei contribuenti onesti

0 0

Nonostante aspre polemiche, non sembra che quanto avvenuto in Consiglio dei ministri, in occasione dell’approvazione del decreto fiscale, sia stato percepito in tutta la sua gravità sia sotto il profilo giudiziario che politico. Quanto al primo aspetto, se, come ha affermato Di Maio, una “manina” – dopo l’approvazione del decreto da parte del C.D.M. – ha inserito nuove disposizioni con le quali si è prevista la sanatoria per i capitali all’estero e, addirittura, la non punibilità per i reati di riciclaggio e antiriciclaggio connessi all’evasione fiscale, si è di fronte alla commissione del reato di falso materiale perché è stato alterato il contenuto dell’atto approvato dai pubblici ufficiali competenti (nella specie, i ministri) facendo così apparire, contrariamente al vero, che le disposizioni in questione provenivano dalla volontà dei medesimi.

Ma, al di là degli aspetti di natura strettamente giudiziaria che non avranno alcun seguito, la vicenda è grave anche sotto il profilo politico ove si consideri che i cittadini – pur avendone il diritto – non verranno mai a conoscenza di quanto realmente accaduto. Infatti, sulla vicenda è stato già steso un velo pietoso: il Di Maio – dismesse le bellicose intenzioni di denunciare l’episodio alla Procura della Repubblica come “sbandierato” nella trasmissione “Porta a Porta” – ha, conciliante, affermato che non vi era più motivo di contrasto e che bisognava riscrivere il decreto (come è, poi, avvenuto). Il Salvini – già furioso al punto da tacciare di “bugiardo” il Di Maio che verbalizzava il testo che si stava approvando – è venuto a miti consigli dichiarando che non era il caso di provocare una crisi di governo “per un codice o per un codicillo” (!!), dando, così, prova di quale importanza (minima) egli, in realtà, dia all’evasione fiscale e al riciclaggio. Il professore di diritto Conte, ha, a sua volta, pilatescamente affermato che si trattava di “materie complesse” e di “traduzione tecnica” laddove, invece, le disposizioni in questione indicavano chiaramente, testualmente la sanatoria per i capitali all’estero e la non punibilità per reati previsti dalla L. n° 74/2000.

Appare, allora, evidente come il c.d. “governo del cambiamento”, non diversamente dai precedenti, ha tradito il diritto dei cittadini ad essere informati su tutto quanto concerne i comportamento dei propri governanti così da essere messi in condizioni di giudicare. Ed, invero, quale che sia la verità – se il testo è stato manipolato dopo l’approvazione del C.D.M. ovvero se le disposizioni sullo scudo e sulla non punibilità erano già nel testo, ma non in una prima bozza del decreto – il cittadino ha diritto di conoscere chi ha materialmente redatto tali disposizioni e rendersi conto se, all’interno del governo, vi è “qualcuno” (ministri o sottosegretari?) che “tresca” con i grandi evasori fiscali. In realtà, il grave episodio in questione, così come il condono nel suo complesso, non è che la conseguenza necessaria della innaturale alleanza di un Movimento con un partito – non nuovo ad approvare, con altre forze politiche, condoni – di cui buona parte dell’elettorato è costituito “dalle partite IVA”, dai percettori di reddito autonomo, categorie (imprenditori, commercianti, artigiani, professionisti), nelle quali si annida, secondo l’ISTAT, la maggior parte degli evasori italiani, se è vero come è vero, che ogni anno vangano evase mediamente, circa € 100 miliardi di imposte, di cui 36 di IVA. E sono proprio quelle categorie che principalmente andranno a beneficiare, nel decreto fiscale – oltre che dell’abbassamento dell’aliquota IVA al 15% (fino a 65.000,00 €) – delle disposizioni sul condono che consentiranno di pagare il 20% dell’IRPEF su un tetto massimo di € 100.000,00 di imponibile l’anno per 5 anni e, dunque, per € 500.000,00 in totale (somma ragguardevole), laddove i contribuenti onesti, su tali somme, hanno pagato fino al 43%.

Parlare, ipocritamente, di “pace fiscale”, di “pacificazione tra lo Stato e i cittadini”, in un Paese di evasori, maglia nera in Europa, significa fare torto all’intelligenza dei contribuenti onesti e significa far finta di ignorare che proprio questa massa enorme di denaro sottratta ogni anno allo Stato, è la causa prima di povertà, disuguaglianza sociale e fiscale, di grave discriminazione tra i contribuenti, in ultima analisi, del disastro economico in cui versa questo Paese che vedrebbe sanati i suoi problemi economici se, anziché attuare condoni in nome della “pace fiscale”, si ponesse in essere, come dovrebbe avvenire in uno  Stato degno di questo nome, di guerra senza quartiere agli evasori.

I parlamentari del Movimento fermeranno questa vergogna che potrebbe segnare anche l’inizio della disgregazione del Movimento stesso?


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21