Genova chiama Italia

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Non sta a noi giudicare le responsabilità di chicchessia né ergerci a esperti di una materia di cui sappiamo poco o nulla. Possiamo solo registrare, da cronisti, l’ennesima tragedia che ha sconvolto Genova, quattro anni dopo l’alluvione che nell’ottobre del 2014, a causa dell’esondazione del Bisagno, aveva messo a nudo la fragilità di un territorio splendido ma estremamente friabile, devastato dai ritardi, dalla speculazione edilizia e da una messa in sicurezza sempre promessa e mai davvero realizzata.
Non ci permettiamo nemmeno di chiamare in causa l’attuale governo, del quale ci sentiamo all’opposizione ma al quale, nel caso specifico, auguriamo di gestire al meglio un’emergenza che merita di essere affrontata dalla comunità nazionale nel suo insieme, senza divisioni di sorta. Un solo, disinteressato consiglio ci permettiamo di elargire al presidente Conte e al resto della compagine, a cominciare dal ministro Toninelli: effettuate una mappatura completa dei ponti e dei viadotti, valutate quali meritino di essere rafforzati e quali, invece, debbano essere abbattuti e sostituiti per manifesta pericolosità e inadeguatezza, mettete in sicurezza tutte le arterie stradali, fate sì che questo disastro occorso oggi sia l’ultimo e che non ci sia un altro ponte Morandi, specie se si considera che per scongiurare questi drammi spesso basterebbe quella manutenzione che è un concetto pressoché sconosciuto in Italia.
Questo non è il momento delle polemiche ma della solidarietà, della vicinanza, dell’affetto e del conforto nei confronti di chi in questo strazio ha perso un proprio caro.
Ci sarà tempo per stabilire chi è colpevole di cosa, emettere eventuali condanne, tornare a fare polemiche politiche, scontrarsi e mettere in risalto le carenze di questa o quell’amministrazione. Non ora, cortesemente. A patto, tuttavia, che qualcosa finalmente accada, che si cominci davvero a tutelare il territorio, che ci si prenda cura delle zone franose, che la si smetta di interrare i fiumi per costruirvi sopra e che si mettano in galera i responsabili di tutti gli scempi e le aberrazioni che hanno sfregiato un Paese bellissimo ma mal amministrato come il nostro.
Se nulla di ciò dovesse accadere, duole dirlo, ma la catastrofe odierna non rimarrà un caso isolato bensì sarà l’ennesimo capitolo di un amaro romanzo nazionale che non è mai finito e che presto, temiamo, si arricchirà di nuovo sangue e di nuove terribili pagine. In questa certezza senza scampo, risiede la nostra condanna.

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