L’euro e l’Europa

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Anche se non siamo ancora alla vigilia di decisioni per rimettere in cammino, con le necessarie correzioni, il processo di unità politica e sociale europea purtuttavia nel breve periodo, nei prossimi giorni, dovrebbe aprirsi almeno un più impegnativo confronto nella Comunità per riavviarlo, per aggiornarlo trovando soluzioni condivise.
Gli elementi di conoscenza sono ampi ma diverrebbero sterili se non scattasse la volontà che essi si trasformino in azione; lo snodo delicato per decidere è, infatti, il passaggio dalla conoscenza all’atto e il superamento del dubbio “critico”.
Per essere quindi attori del cambiamento, una forza politico sociale che si propone di contribuire alla costruzione di una Europa più equa e sociale dovrebbe partire dalla rilettura storica che ha portato i paesi europei ad adottare l’euro.
Nel 1972 vennero stipulati da Italia, Germania, Francia e Benelux gli accordi per la creazione del serpente monetario europeo con un margine di fluttuazione predeterminato e ridotto tra le rispettive valute (e tra queste ed il dollaro) per quindi arrivare alla nascita del Sistema Monetario Europeo.

Per rafforzare la vocazione europea dell’Italia nel settembre 1978 verrà portato alla attenzione dell’opinione pubblica sul “Corriere della Sera” il “Piano Pandolfi” e si aprì un dibattito, anche aspro, non tanto se si dovesse o meno accettare la disciplina monetaria europea quanto sui modi e sui tempi dell’imposizione del vincolo.
Tale dibattito si aprì, con analisi serie e su basi scientifiche, anche all’interno della Banca d’Italia i cui massimi dirigenti si divisero e Baffi, due mesi prima di morire in un articolo su “La Stampa”, dichiarò che la moneta segue, non precede l’economia reale, e quindi prima di legarsi all’Europa era vitale intraprendere riforme necessarie per rendere le regole dell’economia simili ed omogenee nel continente.

Tale impostazione, condivisa dal Prof. Savona e da Fazio, teneva ben presente che nella storia monetaria europea quando la parità del cambio è stata eretta a rigido dogma, o imposta senza riguardo alle sottostanti condizioni dell’economia, si sono avute conseguenze nefaste perché uno shock riduttivo della capacità di produrre reddito avrebbe causato una scelta o di finanziamenti esteri o il ricorso all’abbattimento dei prezzi interni e, maggiormente, dei salari che, da Keines in poi, è stato giudicato difficile e costoso in termini di pace sociale e, quindi, di produzione di reddito.
Baffi temeva che le scelte avrebbero provocato – come è stato – le premesse per una sconfitta sul piano di una ampia condivisione sociale e avrebbero potuto essere fatali rispetto all’obiettivo condiviso.
Con tali scelte i costi transitori avrebbero determinato disoccupazione in vaste regioni, nelle fasce sociali, la crisi di intere industrie, non esclusa quella bancaria; le disparità economiche sarebbero diventate inique e intollerabili.

Sul fronte opposto si schierarono Carli – nonostante condividesse i dubi all’inizio del processo e prima di diventare Presidente della Confindustria – poi Padoa-Schioppa e Ciampi che erano nettamente favorevoli alla validità del “vincolo esterno” e della “politica dalle mani legate” nella certezza che tale via – rilevatasi sbagliata – avrebbe agevolato e accelerato il processo di integrazione politica europea.
Le divisioni all’interno della Banca d’Italia e del mondo accademico le possiamo trovare in modo evidente in una critica a Padoa-Schioppa presente in un articolo su “Il Manifesto” di Federico Caffè collaboratore scientifico prima di Carli – fintanto che ricoprì il ruolo di Governatore – e poi (con alterne vicende) di Baffi.
Così si espresse Caffè : ”Non voglio perciò nasconderLe la pena che ho provato nel leggere ….. il Suo commento al “Piano Pandolfi”. Pensavo che sola giustificazione di qualche sconfinamento nel giornalismo da parte di uomini di scuola e dottrina ….. fosse l’impegno a correggere le precipitazioni e la strumentalità degli interventi politici con qualche lezione di rigore, di approfondimento, di pacatezza. Questo mi sembrava l’esempio di alcuni Suoi maestri …… Ella avrebbe potuto stroncare il “Piano Pandolfi” cimentandosi sul nocciolo dei problemi e delle proposte fornendo una organica linea di ragionamento alternativa, e magari avanzando qualche idea costruttiva, cioè coerente coi Suoi principi adeguata ai fini e realizzabile”.
Le analisi critiche sulla strada intrapresa per la scelta dell’euro, sui suoi risultati, sono ancora attuali, possono essere oggi la base di partenza delle modifiche pur adattandole al mutato contesto economico e geopolitico. Le scelte di modifiche richieste oltre 40 anni fa (con rigore scientifico, con la previsione e descrizione delle ripercussioni negative sul piano sociale che si sono avverate) sono ancora utili.

Tra le varie opinioni, tra i vari documenti utili al dibattito ed alle scelte di oggi basterebbe leggere e studiare l’intervento di Giorgio Napolitano alla Camera dei Deputati basato sulle analisi e le indicazioni della Banca d’Italia.
Con tale intervento Napolitano motivò, nella sua veste di capogruppo, il voto contrario del PCI alla adesione dell’Italia allo SME.


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