Nel giorno del ricordo di Andy Rocchelli e Andrej Mironov richiesta di verità e giustizia più forte che mai

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Il 24 maggio del 2014 moriva in Ucraina il fotoreporter Andrea Rocchelli, ucciso in un agguato insieme al giornalista e dissidente russo Andrej Mironov, con il quale stava realizzando un reportage sulla guerra nel Donbass. Oggi come allora il dolore resta lo stesso e nel giorno del ricordo di quel tragico evento, a pochi giorni dal rinvio a giudizio dell’unico imputato del processo a Pavia, il combattente ucraino Vitaly Markiv, l’impegno a chiedere verità e giustizia per Andy e Andrej è più forte che mai.

L’auto su cui viaggiavano fu crivellata di colpi esplosi da cecchini lungo il percorso sulla strada per Sloviansk (nella regione del Donbass dell’Ucraina) che oltre a uccidere Rocchelli e Mironov ferirono gravemente il giornalista francese William Raguelom.

Il processo prenderà il via il prossimo 6 luglio. La famiglia di Andy, assistita dall’avvocaro Alessandra Ballerini, e la Federazione nazionale della stampa italiana,  rappresentata dall’avvocato Giuliano Pisapia, si sono costituiti parte civile mentre Massimo Depaoli, sindaco di Pavia, era presente il giorno dell’udienza preliminare al Palazzo di giustizia per testimoniare la vicinanza dell’amministrazione comunale a Elisa Signori e Rino Rocchelli, mamma e papà di Andrea.

Andy era un fotoreporter freelance, fondatore del gruppo di fotografi indipendenti “Cesura”. Da tempo si interessava delle vicende ucraine ed era stato più volte nel Paese. Aveva seguito anche gli avvenimenti di piazza Maidan, dalle dimostrazioni pacifiche agli scontri del 2014. Con il suo lavoro aveva documentato la repressione cruenta e la fine dell’azione di protesta, con l’autoscioglimento del governo e la fuga all’estero del presidente. Sua guida e spalla in quei luoghi Andrej Mironov, attivista per i diritti umani che aveva collaborato con il gruppo di giornalisti indipendenti russi Memorial. Si conoscevano da diversi anni e avevano girato molto insieme nella regione, dalla Cecenia a Mosca, approfondendo aspetti e vicende diverse. E insieme erano partiti dall’Italia diretti in Ucraina, nella primavera del 2014, per il loro ultimo viaggio.

Rocchelli voleva realizzare reportage da Kiev a Donetsk per poi spingersi verso Sloviansk, dove con l’aiuto di Andrej aveva raccolto numerose interviste che raccontavano delle condizioni di vita estrema della popolazione locale. Le sue foto nei bunker riattivati e improvvisati per proteggere dai bombardamenti i civili, stipati di bambini di cui molti orfani, hanno fatto il giro del mondo, arrivando a essere pubblicate su “The Guardian”.

E la sua opera di denuncia e di documentazione di un conflitto cruento e dai lati oscuri non si sarebbe arrestata se quel 24 maggio di quattro anni fa con altri tre civili inermi, oltre Mironov e il giornalista francese viaggiavano sulla stessa auto crivellata di colpi l’autista ucraino e un quinto uomo incontrato sul luogo e morto nell’attacco, non fosse finito in una vile imboscata.

“Oggi più che mai dobbiamo tenere accesi i riflettori sul processo, che si tenta di influenzare con azioni neonaziste e presentando un quadro diverso da quello che è emerso dalla ricostruzione dei fatti. Continueremo a chiedere verità e giustizia per Andy Rocchelli che era i nostri occhi su un conflitto che presentava tanti lati oscuri che nessuno raccontava. I familiari di Andy non devono sentirsi soli. Saremo presenti al processo non solo per ricordare la figura di loro figlio, ma anche per monitorare che sia fatta piena chiarezza su questa vicenda nella quale, come in altri casi, un giornalista ha pagato con la vita il suo desiderio di raccontare sino in fondo la verità. Saremo la loro scorta mediatica” ha dichiarato il presidente della Fnsi, Beppe Giulietti, da sempre accanto alla famiglia Rocchelli.

”Confidiamo che grazie al lavoro eccellente della Procura di Pavia e degli investigatori si possa giungere definitivamente ad un accertamento processuale sulle circostanze dell’uccisione di Andrea e del suo collega ed amico Andrey Mironov e chi ne ha in tutto o in parte la responsabilità possa essere assicurato alla giustizia” aggiunge l’avvocato Ballerina che con il suo operato ha favorito la riapertura del caso.

Tutti noi di Articolo 21, che dal primo istante ci siamo affiancati alla famiglia di Andy e al loro legale nella battaglia per avere giustizia, non smetteremo mai di chiedere che la verità storica di ciò che è avvenuto sia confermata da quella giudiziaria affinché sia fatta piena luce sull’uccisione di Andy e Andrej di cui ricorderemo sempre il coraggio, la caparbietà, nel raccontare, illuminare le storie degli invisibili e denunciare gli abusi e le violenze di un conflitto a lungo oscurato.


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