La lezione di Aldo Moro: la politica è semplicemente servizio alla società

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Purtroppo c’è una generazione che conosce Aldo Moro soltanto per quei 55 terribili giorni, per quelle due dannate foto con la stella a cinque punte alle spalle. Io vorrei cercare di ricordare,invece, chi fosse davvero. Aldo Moro è il politico con un disegno strategico destinato a svilupparsi per decenni: l’allargamento della base sociale dello Stato. Il coinvolgimento,cioè, di strati di cittadini sempre più ampi nel governo del Paese.
Prima con la nascita del centro sinistra (oggi sembra un’operazione semplice ma all’inizio degli anni sessanta significava portare alla guida dell’Italia partiti che, usciti dal risorgimento e dalla resistenza, avevano nei loro statuti ancora la presa del potere con la rivoluzione) e poi con la solidarietà nazionale (non amava definirlo compromesso storico non perché quella definizione era di Berlinguer ma perché l’idea di compromesso, di trovarsi a metà, non lo convinceva).
Ma il suo disegno arrivava anche oltre. Pochi sanno che quando Moro fu rapito stava studiando un modo per “istituzionalizzare” le brigate rosse. Una follia? No, se poi abbiamo assistito alla normalizzazione dell’IRA,dell’ETA, delle FARC: era soltanto, come sempre, arrivato venti anni prima.
Moro fu un vero riformista. A lui dobbiamo, non solo l’introduzione dell’educazione civica, ma la riforma della scuola media con l’abolizione dell’avviamento professionale ( una vera e propria scuola di serie B per i figli di operai destinati a fare gli operai) e la nascita delle medie dell’obbligo che comportarono il proseguimento degli studi, per la prima volta nella storia, di centinaia di migliaia di ragazze.
Varò la legge per il licenziamento soltanto per giusta causa, con un ribaltamento del rapporto di forze nelle fabbriche a favore delle categorie più deboli (preambolo all’articolo 18 e alla nascita dello Statuto dei lavoratori).
Riformò il diritto di famiglia introducendo la parità di diritti e doveri tra i coniugi e il riconoscimento dei figli “comunque nati”.
Dopo il terremoto del Friuli organizzo’, con la scelta del commissario Zamberletti, la ricostruzione magistrale dei paesi distrutti che rimane un esempio,sfortunatamente, mai più seguito.
Con Lama segretario della CGIL e Gianni Agnelli presidente di Confindustria pilotò la riforma del punto unico di contingenza, secondo qualcuno la più grande parificazione dei diritti di tutto l’occidente.
Senza dimenticare la sua attività internazionale: gli accordi sull’Alto Adige che misero fine agli devastanti attentati degli anni cinquanta; gli accordi di Helsinki che furono la vera causa della fine dell’Unione Sovietica; gli accordi di Osimo che tennero l’Italia fuori dalla guerra scoppiata con la fine della Yugoslavia.
E tutto questo fatto da un uomo che rivendicava orgogliosamente di essere soltanto un docente universitario, il suo vero lavoro. La politica era semplicemente servizio alla società.


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