GPS – Grande Piano della Sinistra

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Se mi chiedessero che programma di sinistra voglio, risponderei: più Stato, meno mercato.  Lo so, è difficile abbinare servizi pubblici ed efficienza, ma è l’unico modo per togliere la speculazione dalla risposta ai bisogni primari. Inizierei con un’assunzione vasta di giovani per sanare tutti gli organici in sofferenza delle strutture pubbliche. Ad iniziare da quelle per il recupero dell’evasione fiscale (111 miliardi, ultima stima), in modo da reperire i fondi per il “Grande Piano della Sinistra” (GPS) per l’offerta di servizi pubblici di qualità.

Poi vorrei un’Agenzia Controllo Manutenzioni, che definisse i responsabili e i “tagliandi” dei lavori necessari – civili e ambientali –  per tenere in efficienza le strutture pubbliche, mettendo in mora gli inadempienti e colpendoli con sanzioni in caso di inosservanza e danni a persone e cose. Penso a scuole pulite e verniciate, ospedali con macchinari in ordine e liste d’attesa di pochi giorni, acquedotti senza perdite, processi di durata europea, strade riasfaltate con lavori periodici, carceri in ordine, rimboschimento delle aree bruciate, sedi delle istituzioni decorose e senza bandiere lacerate, abusivismo costiero demolito dal Genio Militare  ed altro.
Ma il GPS  avrebbe bisogno di un forte sostegno culturale, basato soprattutto sulla riattivazione del concetto dei doveri civili. Non c’è da inventare niente, basta rileggersi l’articolo 2 della Costituzione nel suo perfetto bilanciamento diritti-doveri. Inoltre, occorrerebbe promuovere una vera coesione sociale con l’esempio dall’alto: via privilegi e stipendi parlamentari secchi senza più rimborsi.
L’innovazione della Sinistra per me è ridare centralità ai diritti, ai doveri e alla solidarietà, per ritrovarci finalmente in una dignità collettiva, che diventi identità nazionale.
Forse il lancio del GPS è l’ultima possibilità per risvegliare dal coma civile dell’astensionismo migliaia di cittadini e procedere ad una vaccinazione di massa contro l’epidemia neo-fascista, che si propaga tra la povertà e l’esclusione. Dobbiamo provarci.

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