Giornalismo sotto attacco in Italia

Intercettazioni. L’unico criterio può e deve essere quello del “pubblico interesse”

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La Corte europea, in numerose sentenze, ha stabilito che il diritto dei cittadini ad essere informati su qualsiasi fatto abbia i requisiti del “Pubblico interesse” e della “Rilevanza sociale” prevale su qualsiasi altra considerazione. Per questa ragione quella Corte  arrivata a sanzionare e disattivare diverse condanne nei confronti di editori e cronisti che avevano scelto di pubblicare documenti coperti dal segreto o i testi integrali di intercettazioni telefoniche, a prescindere persino dalle modalità utilizzate per entrare in possesso del materiale riservato.
In tutti questi casi, infatti i giudici, hanno ritenuto prevalente l’interesse pubblico alla conoscenza e al contrastato di malaffare e corruzione rispetto a qualsiasi altro valore da tutelare, privacy compresa.
Sappiamo bene che si tratta di un tema delicato e che sarebbe un errore non riconoscere i rischi derivanti dagli abusi e che, tuttavia, sono già oggi sanzionabili dai tribunali e dagli ordini professionali.
Proprio per questo l’unico criterio può e deve essere quello del “pubblico interesse”, l’eventuale decisione di consentire la sola pubblicazione dei “Sunti” non avrebbe solo l’amaro sapore del bavaglio, ma sarebbe ancora più rischiosa per gli imputati e i loro avvocati: A chi spetterebbe la stesura dei riassunti? Ci sarà un riassunto ufficiale ed uno ufficioso? Ci saranno più versioni dello stesso testo? Chi fermerà l’inevitabile commercio dei testi integrali e virgolettati?
La strada del divieto, oltre ad essere sbagliata, è anche impercorribile e foriera di guasti e di abusi ancora più gravi.
Dal governo e dal ministro Orlando ci saremmo attesi, come pure era stato annunciato, un confronto serio, approfondito, aperto al contributo del migliori studiosi della materia, in sede europea e nazionale.
Quel confronto non è mai decollato, allo stesso modo non è mai stata approvata una norma, anche questa annunciata, per contrastare le cosiddette “Querele bavaglio” che ogni giorno vengono scagliate contro quei cronisti che ancora indagano su mafie, malaffare, corruzione.
La comparazione tra quanto è stato annunciato, utilizzando una delega al governo, e quanto, invece,  è stato affossato giustifica l’allarme lanciato e richiede una mobilitazione immediata e determinata.
Quello che non ci piaceva ieri, non può piacerci neppure oggi, a prescindere dal colore dei governi in carica.


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