Turchia. Appello per una rete di protezione internazionale dei diritti civili e del lavoro

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Un forte appello per un percorso unitario d’azione tra giornalisti, avvocati, magistrati, rappresentanti del mondo universitario per costruire in Italia una rete per la protezione internazionale dei diritti civili e del lavoro, oggi messi a dura prova in Turchia. Una volontà emersa in modo netto a Trento nel dibattito “La democrazia sotto attacco: la compressione dei diritti civili in Turchia” organizzato da Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige e Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e ospitato dal dipartimento di Giurisprudenza dell’università, con la discussione coordinata da Lorenzo Basso, neo vicesegretario del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige. A quasi un anno dal fallito golpe che ha innescato la stretta autoritaria, la situazione nel Paese pare ancora molto difficile con arresti, licenziamenti, repressioni massicce. “Questa stretta colpisce in modo trasversale – spiega la giornalista turca Fazila Mat – ricadendo su persone che, pur di diverso orientamento, vengono percepite come non allineate al Governo”. Le stime numeriche aiutano a definire il fenomeno: circa 150 mila persone hanno perso il lavoro nel settore pubblico, con almeno 50 mila arresti. Le accuse possono variare dalla vicinanza all’organizzazione di Fetullah Gulem (Feto) al supporto al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) definendo, dunque, uno spettro politico assai ampio.

Nella tagliola cadono anche avvocati e giornalisti, categorie che si stanno mobilitando anche a livello internazionale. Nei giorni scorsi il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, è stato in Turchia alla testa della delegazione della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) per testimoniare vicinanza a 17 colleghi a processo, tra cui i Ahmet e Mehmet Altan. Nella stretta repressiva, è stato ricordato, sono pure finiti giornalisti e scrittori notissimi in Turchia come Ahmet Sik e Asli Erdogan, impegnati in testate importanti come Cumhurryet e Ozgur Gundem. “Lo stesso accade per noi avvocati, spesso arrestati al lavoro in toga nei tribunali – ricorda Nicola Canestrini, coordinatore del progetto Avvocati minacciati (www.avvocatiminacciati.it) dell’Unione camere penali – con l’indebolimento di paletti democratici fondamentali, come il diritto del legale a non essere sovrapposto al proprio cliente e alle sue imputazioni”.

Un fatto, quest’ultimo, che mina alle basi l’esercizio del diritto e dovere di difesa, in un sistema giudiziario in forte sofferenza, come ricordato da Luca Perilli. “Il percorso di dissoluzione dello Stato di diritto è iniziato nel 2013 con i fatti di Gezi Park – sostiene il magistrato, dal 2008 al 2015 esperto indipendente dell’Ue nei negoziati di adesione della Turchia – il fenomeno degli arresti di massa ha colpito oltre tremila giudici”. Nel Paese, comunque, rimane una parte di società civile che cerca di opporsi alla sospensione dei diritti, come testimonia Mariano Giustino, in questi giorni in Turchia per seguire la Marcia per la Giustizia, giunta ieri a Erdek. “Si stima che circa 50 mila persone siano in cammino – spiega il giornalista di Radio Radicale, raggiunto telefonicamente – tante persone portano generi di conforto ai manifestanti e colpisce l’adesione larga, oltre le bandiere”. 


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