Integrazione rom. Il progetto sostituito dal rigetto

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Tre sorelle rom morte bruciate in un camper di concentramento, dove dormivano in 11. Segregate in quel furgone forse dall’odio di altri gruppi rivali, ma sicuramente dall’indifferenza di noi romani.  Divenuta ostilità conclamata con le plateali demolizioni di Alemanno del Casilino 900, dove prima si tentava di integrare i ragazzini, andandoli a prendere con un pulmino per essere sicuri che frequentassero la scuola e non andassero a borseggiare i turisti sulla metro. Ma erano altri tempi, quando la sinistra era di sinistra. E si occupava degli ultimi con progetti veri, che prevedevano anche la doccia nelle scuole. E insegnanti eroici negli istituti di frontiera che facevano da seconde madri e padri a questi studenti, alcuni dei quali si sono poi laureati.

Oggi, il progetto è stato sostituito dal rigetto. Ruspe sulle baracche e poi si arrangino. E i ragazzini sono tornati a rubare nella metro, alimentando ostilità e diffidenza tra rom e romani. In pochi anni, siamo passati dalla cultura dell’integrazione alla paura della contaminazione. Intere etnie – vecchi rom e nuovi migranti – diventano “uomini topo”, che infestano, invadono, portano malattie, rubano bambini, rubano lavoro, rubano nelle case.
Non difendo borseggiatori e ladri, ma sento che inaliamo le polveri sottili della de-responsabilità, che fanno ammalare di razzismo subliminale. Quello non cosciente, ma che fa girare velocemente pagina quando si legge sul giornale di tre giovani rom bruciate nel sonno.

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